A Milano, imminente l’aperturadel primo Starbucks italiano, una specie di bar “fast drink” stile americano. Una bella sfida in un Paese come il nostro dove il caffè rappresenta una rituale servito ovunque, dal bar di periferia alla buvette di Montecitorio. Per questo l’apertura di una catena Starbucks fa notizia. Ma ancora più sorprendente è la notizia che, secondo i risultati di uno studio del professor Graham MacGregor di «Action on Sugar», docente di Medicina cardiovascolare al Wolfson Institute of Preventive Medicine di Londra, una delle bibite servite nei Starbucks conterrebbe ben 25 cucchiaini di zucchero.

Roba da far impallidire chiunque.

Starbucks e l’Italia

Tutto ebbe inizio grazie all’iniziativa imprenditoriale di tre giovani di San Francisco, Jerry Baldwin, Zev Siegl e Gordon Bowker. Nel 1971, a Seattle, aprirono il primo Starbucks. Sarebbe rimasta una catena a diffusione territoriale se non fosse per Howard Schultz, riconosciuto come il vero fondatore di questa famosa catena presente ormai in 58 Paesi compresi alcune metropoli europee come Parigi, Madrid, Berlino o Londra. Ed ora anche Milano.

Secondo la leggenda, a Schultz l’idea venne proprio dopo un viaggio in Italia nel 1983, dove ebbe modo di apprezzare l’atmosfera che si respirava nei nostri bar, luoghi dove si beveva un buon caffè o un drink, si mangiava qualcosa, si poteva leggere un giornale e incontrare gli amici o per affari.

Così tornato negli Stati Uniti, diede nuovo impulso ai negozi Starbucks, sia in termini di qualità dei prodotti serviti che come accoglienza.

Ora questa catena sta arrivando anche in Italia, a Milano per l’esattezza. Inaugurazione prevista a gennaio, poi slittata a febbraio. L’iniziativa è sicuramente audace, sapendo che è difficile spostare la clientela nostrana dal tradizionale bar ad un locale stile “americano”.

Ma se ci è riuscito il McDonald’s, sottraendo fette di clienti dai ristoranti, anche Starbacks potrà guadagnarsi la sua quota di mercato.

Lo studio inglese

I medici inglesi vorrebbero introdurre una tassa sullo zucchero per combattere il dilagare del diabete, soprattutto infantile. Una tassa che andrebbe a colpire tutti i cibi/bevande contenenti zucchero, in modo da indurre le aziende ad usare dei surrogati come i dolcificanti.

E’ in questo clima che si colloca lo studio di MacGregor: andare a vedere lo zucchero contenuto nelle bevande servite nei locali di alcune catene famose del Regno Unito, come Starbucks, Caffe Nero, e il Costa Coffee. E’ stata stilata una classifica delle bevande più edulcorate.

Al vertice di questa classifica tre su quattro sono bibite servite nei Starbucks. Al primo posto la Hot Mulled Fruit (formato extralarge; 600 ml) con 25 cucchiaini di zucchero, seguito dal Chai Latte servito nei Costa Coffee (20 cucchiaini), e ancora due bibite Starbucks, White Chocolate Mocha (18), e la cioccolata calda (15). Con queste informazioni, sarà curioso vedere come reagirà il consumatore italiano, appena i locali Starbucks saranno aperti.