Il 28 aprile si è tenuto al Senato un Convegno sullo stato dell’oncologia nel nostro Paese. Era presente il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Al Convegno è intervenuto anche Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom); il presidente Carmine Pinto ha illustrato il punto di vista degli oncologi italiani. E’ dal 1992 che non si registrava un trend così favorevole nella lotta contro i tumori e non solo, anche una riduzione del gap tra Nord e Sud. Nuove sfide ancora in agenda, cercare di curare anche il restante 30% dei malati, dare le stesse opportunità terapeutiche in ogni zona dell’Italia ed infine, migliorare la consapevolezza dei cittadini verso la prevenzione.

Oltre il 40% dei tumori è evitabile.

Il cancro fa meno paura

Ovviamente non è così per tutti i tumori. I dati aggiornati ad oggi dicono che in Italia chi è colpito da un tumore, in generale, ha circa il 70% di possibilità di guarigione, il 15% in più rispetto a 10 anni fa. Questa, ovviamente, è solo una media di una forbice molto ampia.

Nel 2015 in Italia sono stati diagnosticati 363 mila nuovi casi di cancro (53% uomini e 47% donne) corrispondenti a millenuove diagnosi al giorno – ha spiegato Carmine Pinto, presidente Aiom - e di questi, almeno per le due neoplasie più diffuse fra gli uomini e le donne, il tumore alla prostata (91%) o al seno (87%), avranno una elevata probabilità di guarigione".

Oggi in Italia ci sono oltre 3 milioni di cittadini (il 4,9% della popolazione) che vive nonostante una diagnosi di tumore. E di questi, circa due milioni possono affermare di avere sconfitto la malattia perché non vi è più traccia a distanza di cinque anni.

La paura di ammalarsi o di arrivare ad una diagnosi precoce, può costare tanto

Una delle tecniche più sfruttate, quando non ci sono sintomi e si vuole comunque essere tranquillizzati sull’assenza di tumori in atto, è la ricerca di marcatori tumorali. “Ma ora si sta esagerando”, è quanto ha affermato Stefania Gori, presidente eletto dell’Aiom.

“Si tratta di test usati da oltre 40 anni, ma oggi vengono massicciamente utilizzati a scopo diagnostico, da persone sane. Un uso che sta diventando eccessivo rispetto alle reali esigenze".

Il problema sta nei costi e nelle ripercussioni in caso di esito positivo. Questi biomarcatori tumorali, spesso poco specifici, possono dare falsi positivi lasciando nel panico la persona che ha fatto il test che ricorre immediatamente ad altre tecniche dispendiose, per confermare o escludere la presenza di un tumore. Parliamo di esami diagnostici di imaging, TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), RMN (Risonanza Magnetica Nucleare), PET (Positron Emission Tomography), ed esami endoscopici".

Quale potrebbe essere la soluzione?

E’ sempre l'Aiom ad avanzare una proposta: avere dei protocolli uniformi a livello nazionale, con delle indicazioni per un uso appropriato dei marcatori tumorali.

La prevenzione rimane la migliore soluzione

Il 40% dei tumori può essere evitato. Smettendo di fumare, seguendo regimi alimentari sani e variegati, e aumentando la diffusone delle vaccinazioni. Quelle contro il papilloma virus (hpv) può evitare il 75% dei casi di tumore del collodell’utero, ma anche a vulva, vagina, pene, ano, bocca e faringe.

Infine, per tutti coloro che sono a rischio, sottoporsi a regolari screening. Mammografia per le donne tra 50 e 69 anni, pap-test per le donne tra 25-64 anni, ricerca sangue occulto nelle feci per uomini e donne tra 50-69 anni. Parliamo di un impegno minimo che può salvarci al vita.