Il diabete mellito di tipo 2 (alimentare) e le complicazioni che ne derivano sono uno dei più grandi problemi del 21° secolo; si sviluppa maggiormente negli individui in sovrappeso, a causa di una ridotta funzione delle cellule beta-pancreatiche (produttrici di insulina) e della tolleranza al glucosio.

La scelta di carboidrati a basso indice glicemico (IG) (velocità con cui aumenta la glicemia nel sangue, dopo assunzione di un alimento contenente 50 gr di carboidrati), migliorail profilo metabolico nei soggetti con diabete di tipo 2, oltre che a prevenire l’insorgenza della malattia.

E’ quanto dimostrato dai ricercatori del Campus Barbacena, Brasil, in uno studio condotto su 20 pazienti, ai quali è stata somministrata per 1 mese una dieta a basso o alto IG; il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Archives of Endocrinology and Metabolism (settembre 2016).

Al termine dell’indagine, nei soggetti alimentati con una dieta a basso IG è stata osservata una riduzione della massa grassa e un miglioramento dei markers infiammatori e metabolici associati all’insulino-resistenza.

In quelli sottoposti ad una dieta ad alto IG, sono stati rilevati un aumento delle citochine infiammatorie (TNFalfa), della fruttosamina (proteina glicosilata, marker del glucosio degli ultimi 10-20 giorni) e degli acidi grassi non esterificati (NEFA), condizioni che hanno contribuito sempre di più all’alterazione della secrezione dell’insulina e all’accumulo di massa grassa.

Ancora oggi i meccanismi alla base di queste associazioni non sono stati del tutto chiariti. Sembra che ad entrare in gioco sia anche il fenomeno della resistenza all’insulina, l’ormone che controlla i livelli di zuccheri nel sangue. Nonostante i dubbi ancora aperti, per evitare di cadere in un circolo vizioso in cui diabete e problemi di colesterolo si aggravino a vicenda, è importante non sottovalutare il legame tra questi due fattori. Scopri di più grazie ai consigli del medici del Policlinico "A. Gemelli" nell'iniziativa Viaggio al Cuore del Problema, powered by Danacol.

Indice glicemico dei carboidrati assunti nella dieta

I pazienti reclutati avevano un’età media di 42 anni, un BMI (indice di massa corporea di 29, condizione limite tra sovrappeso e obesità di I grado) e diabete di tipo 2.

Un gruppo di 10 soggetti ha ricevutoalimenti a basso IG: frutta come prugna, mela, pera, albicocca, pesca, legumi, tipo fagioli, lenticchie, piselli, cereali integrali, latte di soia, yogurt, fruttosio.

Un altro gruppo di 10, cibi ad alto IG, come pane bianco, riso, pizza, cracker, biscotti, cornetti, corn-flakes, zucchero, alcuni frutti, vedi melone e anguria, patate al forno e fritte.

L’utilizzo di alimenti a basso IG è risultato vantaggioso anche per prevenire malattie ischemiche e alcuni tipi di tumori; l’iperglicemia cronica promuove, infatti, stress ossidativo, induttore del danno al DNA, associato alla comparsa dei tumori e di complicazioni severe del diabete (ulcere del piede e incidenti cardiovascolari).

Riduzione della massa grassa e del colesterolo

L’assunzione degli alimenti stimola la secrezione di insulina (ormone che normalizza i livelli di glucosio nel sangue), ma se la quantità di zuccheri è eccessiva, non viene smaltita e si attiva la sintesi dei grassi.

La dieta a basso IG, associata ad alcuni accorgimenti (assunzione dei pasti non abbondanti e frequenti, 5 volte al giorno, insieme a verdura contenente fibre), ha rallentato la velocità di assorbimento degli zuccheri; l’assunzione di acqua, almeno 1.5 L al giorno e l’aggiunta di esercizio fisico, hanno controllato la glicemia e favorito l’ossidazione dei grassi (diminuzione della massa grassa).

Nel diabete alimentareè stato riscontratoun aumento dei livelli di colesterolo LDL e dei trigliceridi e una diminuzione del colesterolo HDL (dislipidemia diabetica); i pasti a base di carboidrati ad alto IG hanno peggiorato il quadro metabolico, in termini di insulino-resistenza e aterosclerosi (infiammazione cronica dei vasi sanguigni con accumulo di colesterolo LDL).