Le persone anziane tendono a soffrire maggiormente di problemi di sonno rispetto al resto della popolazione. L'insonnia è una condizione che, anche nell'età senile, si può ripercuotere sulle condizioni generali del soggetto che ne è colpito, in quanto il riposo è fondamentale per il benessere psico-fisico del nostro organismo. Sopra i 65 anni sono sufficienti 5 ore a notte per il benessere del nostro organismo. Tuttavia, come detto, parte della popolazione anziana tende a soffrire di problemi di insonnia.

Anziani e insonnia: gli ultimi dati

In particolare stando a quanto è emerso dal congresso della Società italiana di gerontologia e Geriatria (Sigg) che si è tenuto a Napoli, oltre 10 milioni di persone anziane presenta un disturbo del sonno.

Ad esempio fa fatica ad addormentarsi la sera oppure si risveglia frequentemente nel corso della notte. Raffaele Antonelli Incalzi, che è responsabile dell'unità operativa di gerontologia del Campus Biomedico di Roma, sottolinea che, dopo i 65 anni, sono sufficienti 5 ore di sonno. Per quanto riguarda l'anziano il problema principale quindi non è rappresentato dalla quantità quanto dalla qualità del riposo notturno. Nell'anziano accade che l'orologio biologico non riesca più a sintonizzarsi perfettamente con il ciclo luce-buio, che quindi va a sfasarsi, di conseguenza può capitare di fare un pisolino anche di giorno. Le ore complessive di sonno rimangono le stesse ma a risentirne è la qualità del riposo.

Le ripercussioni sullo stato generale di salute riguardano alterazioni a carico dell'umore, una maggiore affaticabilità, una diminuzione della capacità di concentrazione, ed un aumento del rischio di incorrere in cadute, evenienza particolarmente temuta negli anziani, soprattutto nel caso di rottura del femore a causa delle possibili complicazioni che può comportare.

Inoltre una cattiva qualità del sonno nella terza età rappresenta anche un fattore di rischio per quanto riguarda il decadimento cognitivo.

Anziani: consigli per prendere sonno

Nicola Ferrara, che è ordinario di Medicina interna e di geriatria all'università Federico II di Napoli, sottolinea che vi sono molti farmaci che possono compromettere il sonno, in particolare i beta-bloccanti e i diuretici.

Al contrario invece gli antidepressivi e i farmaci che assumono i malati di Parkinson possono favorirlo. Pertanto le benzoadizepine se assunte sotto controllo del medico curante, possono facilitare il sonno. Anche un determinato tipo di dieta può farci abbandonare più facilmente tra le braccia di Morfeo: in particolare mangiare i carboidrati la sera lo facilita. Risulta utile anche la pratica di una attività sportiva di almeno 30-40 minuti a giorni alterni. La melatonina invece può essere utile in alcuni casi, mentre non vi sono prove sull'efficacia della valeriana. Se l'articolo ha destato il vostro interesse potete cliccare in alto a destra sul tasto Segui accanto al nome dell'autore.