Il nostro cervello può fare previsioni? Niente film fantascientifici, né oracoli per le profezie: questo è l’interrogativo a cui ha tentato di rispondere con una nuova ricerca finanziata dall’Unione Europea il dipartimento di Psicologia della Goethe University di Francoforte.

Per fare un esempio, tornando a casa, entro una frazione di secondo si è in grado di dire se tutto è al suo solito posto - i mobili, il computer, i soprammobili - o meno, a seconda dei casi, oppure se c’è qualcosa che non appartiene al luogo, come una scatola di cioccolatini sul tavolo.

Dietro a questa capacità di valutare il nostro ambiente vi è il cosiddetto cervello predittivo, ovvero l’interazione di processi cerebrali che portano a, utilizzando un linguaggio comune, “Predizioni”.

Come funziona

I principi ed i processi che stanno alla base del cervello predittivo variano per tutta la durata della vita, e la loro diversificazione ed interazione è il principale oggetto di ricerca condotto dal professor Yee Lee Shing, il quale ha ricoperto la cattedra di Psicologia dello sviluppo presso la Goethe University da gennaio 2018. Secondo il professore, il cervello si può definire essenzialmente una macchina di predizione, che è costantemente impegnata nel confronto di nuovi input provenienti dall’ambiente con le previsioni generate da modelli interni del cervello.

Solo in questo modo la mente umana è in grado di adattarsi a situazioni sempre nuove e a nuovi ambienti. Tuttavia, ad oggi, nessun ricercatore ha ancora studiato come le esperienze influenzino i modelli interni della mente.

La componente mnemonica

La memoria a lungo termine può essere quella alla base di tali modelli, e si divide principalmente in memoria episodica e semantica: rispettivamente coincide, quindi, con le esperienze personali e con la conoscenza appresa da esperienze indirette.

Mentre i bambini sono più bravi nel ricordare contesti episodici, le persone anziane possono contare maggiormente sulla memoria semantica.

Shing vuole investigare empiricamente l’interazione di diversi tipi di memoria con le nuove esperienze. Usando strumenti come la risonanza magnetica ha ricercato quindi quali collegamenti cognitivi e neurali hanno luogo e dove nel cervello, prima di tutto con l’aiuto di partecipanti sani di età diverse. A lungo termine, il suo lavoro di ricerca potrebbe gettare luce sulle condizioni cliniche con un’elaborazione enormemente anomala della predizione, come l’autismo e la schizofrenia.