Non ce ne rendiamo conto, ma l'alimentazione è un processo altamente complesso. Nutrirsi d'altronde risponde a un bisogno essenziale per ogni essere vivente. Attraverso una dieta adeguata che fornisca il giusto apporto di carboidrati, proteine e grassi, il nostro organismo è in grado di svolgere tutte le sue funzioni. Si tratta, come detto, di un processo complesso la cui prima fase inizia in bocca. In effetti, la masticazione che ci consente di triturare il cibo in particelle più fini per la trasformazione degli alimenti in bolo alimentare per facilitarne l'assimilazione, richiede un certo sforzo.

Il piacere che proviamo nel gustare ad esempio il nostro piatto preferito è proprio la ricompensa che riceviamo da questo sforzo.

La scoperta dei ricercatori

La notizia di cui stiamo per darvi conto farà sicuramente piacere agli amanti degli zuccheri e dei dolci in particolare. Stando infatti a quanto emerso sulla base di uno studio condotto dall'Università di Exeter, la particolare golosità verso gli alimenti dolci deriverebbe dalla variazione di un gene, l'Fgf21. Tuttavia i ricercatori precisano che la presenza di questo gene è associato anche a degli effetti che non possono ritenersi del tutto positivi, in quanto comporta, anche se di poco, una pressione sanguigna leggermente superiore rispetto alla norma, e una maggiore facilità nell'accumulare il grasso nella zona degli addominali.

Inoltre non va tralasciato che, se il consumo di zuccheri è eccessivo, stando a quanto evidenziato da una letteratura medica sempre più corposa in materia, aumenta il rischio di patologie cardiovascolari e si possono avere anche danni al cervello.

Sviluppi futuri di questa scoperta

D'altronde questo studio, che è stato pubblicato sulla rivista Cell reports, si è basato su questionari alimentari a cui hanno risposto più di 450mila persone presenti in una grande database britannico, oltre che su campioni di Dna e di sangue.

Insomma, i ricercatori hanno avuto a loro disposizione una gran mole di dati. Gli studiosi sulla base dei dati analizzati hanno concluso che circa il 20% della popolazione europea ha questa predisposizione genetica. D'altronde i risultati di questa ricerca potrebbero essere utilizzati per lo studio e la messa a punto di nuovi farmaci per il trattamento di patologie sempre più diffuse non solo in Occidente, connesse con uno stile alimentare errato, ovvero il diabete e l'obesità.