Sono emersi risultati indubbiamente interessanti da una ricerca condotta dalle università romane La Sapienza e Roma Tre, in collaborazione con l'Istat e altri istituti internazionali di Germania, Danimarca e Stati Uniti, pubblicati di recente anche sulla rivista "Science". Stando allo studio coordinato da Elisabetta Barbi del Dipartimento di statistica dell'Università La Sapienza, il nostro organismo, invecchiando, va inevitabilmente incontro a problemi crescenti di Salute. Tuttavia gli esperti hanno scoperto che questo decadimento, dopo gli 80 anni, inizia a rallentare, per stabilizzarsi definitivamente quando si raggiunge il traguardo dei 105 anni.

Di conseguenza, dopo questa soglia non è più possibile fare una previsione di fine vita.

Studio su italiani ultracentenari

I ricercatori dell'Università La Sapienza e di Roma Tre, in collaborazione con l'Istat, la University of Southern Denmark (Odense, Danimarca), il Max Planck Institute for Demographic Research (Rostock, Germania) e due centri statunitensi, Duke University Population Research Institute (Durham, NC) e Department of Demography, University of California (Berkeley, CA), hanno portato a termine un progetto sul monitoraggio della decadenza dell'organismo con l'avanzamento dell'età.

Lo studio scientifico, condotto dalla dottoressa Elisabetta Barbi, ha rilevato come malattie cardiovascolari (infarto, ipertensione o ictus), patologie dismetaboliche (diabete, obesità), malattie degenerative (Alzheimer, Parkinson, artrite) e tumori, sono tutte patologie che, con l'avanzare dell'età, possono abbattersi più facilmente sull'organismo umano.

Tuttavia, stando ai risultati dell'analisi, questo fenomeno non sarebbe inarrestabile.

I ricercatori, infatti, hanno scoperto che, raggiunti gli 80 anni, la probabilità di essere colpiti da queste malattie comincia a diminuire per stabilizzarsi definitivamente nei soggetti che riescono a tagliare il traguardo dei 105 anni. Gli esperti hanno sottolineato che per la prima volta si è giunti ad una conclusione di questo tipo.

La ricerca si è basata su una serie di dati raccolti nel periodo 2009-2015, analizzando 3.836 cittadini italiani residenti nel nostro Paese, nati tra il 1896 e il 1910, con un'età pari o superiore ai 105 anni. Da notare che quest'insolito campione era composto in prevalenza da donne, a conferma che il genere femminile è ancora oggi più longevo di quello maschile.

Una novità di darwiniana memoria

Attualmente la comunità scientifica non può ancora affermare se per l'umanità ci sia o meno un limite biologico alla vita, ed eventualmente a quanto corrisponda esattamente. Finora si era sempre pensato che, con l'avanzare dell'età, aumentasse di pari passo il rischio di mortalità, con un andamento crescente anno dopo anno.

Invece il recente studio internazionale, accumulando dati per 7 anni, è giunto a delle conclusioni differenti, mostrando come dopo gli 80 anni ci sia un pericolo minore di incappare in determinate malattie. Come riportato da Sky, la coordinatrice dello studio, Elisabetta Balbi, ha anche aggiunto che, stando agli esiti dello studio scientifico, le nuove generazioni andrebbero incontro a dei livelli di mortalità più bassi.

Questa tendenza sarebbe emersa anche in altre specie animali.

Dunque, in attesa di ulteriori sviluppi, si può ritenere che per tutte le specie viventi le nuove generazioni sono destinate ad essere più longeve rispetto alle precedenti. Tutto ciò ricorda la famosa teoria darwiniana sul concetto di selezione naturale nell'evoluzione della vita. Infine, come spiegato dalla dottoressa Balbi, questi risultati potrebbero essere utili a chi è attualmente impegnato nello sviluppo di nuovi farmaci ad attività anti-età.