Uno studio del Max Planck Institute di Lipsia pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine avrebbe evidenziato la possibilità, per coloro che posseggono dei tatuaggi sul proprio corpo, di subire delle ustioni nel caso in cui si sottopongano a un esame di risonanza ragnetica. Il rischio sarebbe stato definito, in effetti, "molto basso". Pur tuttavia sarebbe esistente e concreto.

La motivazione del rischio di ustione

Lo studio iniziato nel 2011, e durato otto anni, ha preso in esame circa 330 pazienti con tatuaggi su qualche parte del corpo e che, nello stesso tempo, avevano accettato di sottoporsi ad un esame diagnostico attraverso risonanza ragnetica a scopo di studio.

I soggetti scelti per questo studio dovevano avere una percentuale massima di pelle tatuata pari al 5%. Inoltre, ogni singolo tatuaggio non poteva essere più grande di 20 centimetri.

Il rischio di ustione, secondo quanto pubblicato dai ricercatori del Max Planck Institute, sarebbe direttamente collegato con il tipo di inchiostro utilizzato dal tatuatore. In pratica, sarebbe stata dimostrata la possibilità che il macchinario per la risonanza magnetica possa arrivare a scaldare o addirittura bruciare la pelle del paziente dove è presente il tatuaggio se l'inchiostro utilizzato per realizzarlo contiene alte percentuali di ferro oppure conduce elettricità. Lo studio del Max Planck Institute sarebbe il primo nel suo genere condotto in modo sistematico sulla correlazioni tra tatuaggi ed esami diagnostici.

Più nel dettaglio, mentre il resto del corpo del paziente potrebbe giacere sul lettino della risonanza magnetica in maniera del tutto tranquilla, la parte del corpo un cui è presente il tatuaggio fatto con inchiostro ferroso verrebbe, di fatto, attirata dal magnete andando, quindi, a scaldare l'epidermide rischiando di provocare un'ustione.

La valutazione del rischio

Come accennato, lo studio del Max Planck Institute è stato il primo a prendere in considerazione i potenziali rischi per i tatuati nel sottoporsi a una risonanza magnetica. Considerando l'alto numero sia di persone che hanno un tatuaggio sulla pelle sia di coloro che, tra questi, si sono sottoposti ad una RMI, in effetti i casi di ustione verificatisi sono stati pochi.

Comunque, ve ne sono stati.

Lo studio sui rischi della risonanza magnetica per i soggetti tatuati era iniziato nel 2011 ad opera del Professor Nikolaus Weiskopf presso il Wellcome Center for Human NeuroImaging di Londra. Successivamente, il professor Weiskopf si è trasferito al Max Planck Institute dove ha proseguito le sue ricerche. In seguito lo studio è stato ereditato dalla Dottoressa Martina Callaghan fisica che ha raccolto l'eredità del Professor Weiskopf quando quest'ultimo ha lasciato il Max Planck Institute.

La Dottoressa Callaghan, dopo otto anni di studi, chiarisce che il rischio di ustione è "molto basso" ed è legato al fatto che alcuni pigmenti utilizzati nei tatuaggi sono conduttivi.

E anche se il campo magnetico creato dal macchinario della RMI è ad alta frequenza e si estende ampiamente su tutto il corpo, il pigmento conduttivo del tatuaggio assorbirà la maggior parte dell'energia magnetica. Di conseguenza, come ha spiegato il professor Weiskopf, si può verificare un surriscaldamento dell'epidermide e in alcuni casi più gravi addirittura un'ustione. Nel caso del campione di 330 persone esaminate nel corso dello studio, la maggior parte dei soggetti non ha avuto effetti collaterali. D'altra parte, i ricercatori avevano posto dei limiti ben precisi relativamente all'area del corpo tatuata e alla grandezza del singolo tatuaggio. Ma, come precisano i ricercatori, se la parte del corpo coperta dai tatuaggi è molto ampia o sono presenti tanti tatuaggi il rischio potrebbe salire.