I pazienti affetti da protoporfiria eritropoietica (EPP) sono fortunatamente pochi - mediamente 5 casi ogni milione di persone - ma questa forma di “allergia alla luce” crea forti limitazioni. Uno dei personaggi più popolari della televisione italiana, Milly Carlucci, soffre proprio di questa fotosensibilità. L’unico farmaco finora approvato, dopo due studi clinici, prima in Europa (dicembre 2014) e adesso negli Stati Uniti, è Scenesse (afamelanotide), un agonista del recettore della melanocortina-1 (MC1-R) rilasciato lentamente sottocute tramite un dispositivo.
Indipendentemente dall’esposizione al sole questo farmaco induce nella pelle dei pazienti un aumento di eumelanina. Questo assicura una maggiore resistenza alla luce solare e la possibilità di condurre una vita normale.
Cos’è la protoporfiria eritropoietica?
Si tratta di una malattia rara, metabolica, determinata su basi genetiche, che si manifesta sin dai primi anni di vita con una fotosensibilità molto grave. In pratica è sufficiente una breve esposizione al sole per causare una forte sintomatologia dolorosa, con eritema (pelle rossa) ed edema (pelle gonfia) associati a bruciore, dolore e prurito. Soprattutto nelle zone direttamente esposte al sole. E i sintomi permangono per diversi giorni tanto da indurre questi pazienti a modificare totalmente il loro stile di vita con inevitabili ripercussioni sulla vita sociale, affettiva e lavorativa.
I dati epidemiologici parlano della EPP come di una malattia con una incidenza, a livello mondiale, di un caso ogni 75.000-200.000 persone.
Il disturbo genetico porta ad un difetto enzimatico a carico della ferrochelatasi, un enzima che catalizza l'ingresso del ferro all'interno dell'anello della protoporfirina. Questo causa una iperproduzione di protoporfirine, in particolare della protoporfirina IX, una sostanza “fototossica” poco solubile in acqua che si accumula oltre che nella pelle anche nel fegato e nella colecisti, provocando epatopatia da stasi e calcoli, causando nel tempo una epatopatia.
Quando la luce colpisce la pelle di questi soggetti, la protoporfirina IX scatena una serie di reazioni tipiche di questa malattia.
La malattia può insorgere già in età pediatrica. La diagnosi viene effettuata attraverso il dosaggio delle porfirine, in particolare la protoporfirina IX, nei vari materiali biologici (sangue, urine e feci).
Particolarmente utile è il titolo dei livelli ematici di protoporfirina. Analisi che vengono effettuati in centri specializzati perché non sono di routine.
La svolta
Finora questa malattia veniva gestita con creme filtranti i raggi UV, integratori ad attività antiossidante e l’uso di zinco solfato e cimetidina. Con esiti non sempre risolutivi. Dopo due studi clinici, finalmente la svolta. Un farmaco, l’afamelanotide, nome commerciale Scenesse, ha dimostrato di essere in grado di poter controllare, non curare, la malattia. Nel dicembre 2014 la nuova soluzione terapeutica era stata approvata in Europa, dall’EMA. Ora arriva disco verde anche da parte della FDA, negli Stati Uniti, e alla Clinuvel Pharmaceuticals per la sua commercializzazione.
Nel primo studio clinico erano stati arruolati 93 pazienti. A 48 di questi era stato impiantato il dispositivo sottocute che rilasciava il farmaco, agli altri il dispositivo rilasciava un placebo. I pazienti sono stati seguiti per sei mesi (180 giorni) e dovevano essere valutati per il numero di ore che riuscivano a restare esposti al sole, nella fascia oraria tra le 10:00 e le 18:00. Il risultato è stato che il gruppo che aveva preso il farmaco era riuscito a restare esposto al sole per 64 ore complessive, senza subire le tipiche manifestazioni cutanee, mentre nel gruppo che aveva preso il placebo il tempo di esposizione complessiva, senza effetti negativi, si era fermato a 41 ore.
Nel secondo studio, i partecipanti erano 74 di cui 38 avevano preso il farmaco e 36 il placebo.
Seguiti per nove mesi (270 giorni). Anche in questo caso si è valutato il numero di ore complessive di esposizione al sole, nella fascia oraria 10:00-15:00, senza avere dolore ed effetti cutanei. Mediamente i pazienti trattati con Scenesse riuscivano a trascorrere anche 6 ore sotto il sole mentre nel gruppo placebo si fermavano a 0,75 ore.
Gli effetti collaterali del farmaco sono limitati alle reazioni nel sito di impianto del dispositivo, oltre a sintomi generali transitori come nausea, tosse, affaticamento, sonnolenza, vertigini, ecc.
L’afamelanotide (Scenesse) è un agonista del recettore della melanocortina 1 (MC1R) e si comporta come un ormone normalmente presente nell'organismo, e che stimola gli alfa-melanociti.
Quest’attività non guarisce dalla malattia ma fornisce un sistema di difesa. Infatti la stimolazione di MC1R porta ad un aumento di produzione di eumelanina, sostanza che normalmente viene prodotta in seguito ad esposizione al sole ma che in questo caso, grazie al farmaco, si libera indipendentemente. Per rassicurare una copertura costante, si procede con un impianto sottocute caricato con il farmaco che viene quindi rilasciato lentamente per due mesi. Solitamente se ne raccomandano due impianti l’anno, magari nei mesi dove l’esposizione alla luce solare è maggiore (giugno-settembre).