Ci potrebbe essere la possibilità di fare una diagnosi di Alzheimer analizzando semplicemente un campione di sangue, ed immaginare la sua applicazione per uno screening di massa nelle popolazioni più a rischio. Questo grazie ad una proteina (biomarker) presente nel plasma, chiamata fosforilata-tau-181 (pTau181) identificata al Memory and Aging Center di San Francisco. In modo del tutto indipendente, sono giunti alle stesse conclusioni i ricercatori dell'Università di Lund, in Svezia. Entrambi questi studi il 2 marzo sono stati pubblicati su Nature Medicine.

I risultati dei nuovi studi

Un team di ricercatori americani, guidato da Adam Boxer dell'Università di California con la partecipazione di vari centri impegnati sulle malattie neurodegenerative, come il Memory and Aging Center di San Francisco e il consorzio Advanced Research and Treatment for Frontotemporal Lobar Degeneration (Artfl) con un supporto finanziario del NIH (National Institutes of Health) e la sponsorizzazione di una multinazionale del Pharma, la Eli Lilly, hanno raccolto e analizzato i campioni di sangue di oltre 400 partecipanti.

I risultati delle analisi hanno dimostrato un nesso diretto tra la presenza di una proteina tau, la tau-181 fosforilata (pTau181) - con livelli plasmatici aumentati di 3,5 volte - e una diagnosi di Alzheimer.

Inoltre, questo biomarcatore è risultato specifico per questa malattia riuscendo così a fare una diagnosi differenziata da altre rare malattie neurodegenerative, conosciute collettivamente come degenerazione del lobo frontotemporale (FTLD), e spesso confuse con il morbo di Alzheimer.

La "robustezza" del test è stata confermata incrociando questi risultati con altre analisi più costose, complesse e invasive, come la ricerca della pTau181 nel liquido spinale (con un prelievo del fluido spinale) o la scansione cerebrale con tecniche di imaging PET per la determinazione della presenza della proteina amiloide (metodo costoso che richiede agenti radioattivi come AMYViD, un radionuclide con Fluoro-18).

I risultati di questo studio sono stati pubblicati il 2 marzo su Nature Medicine, primo autore E. H. Thijssen.

La prossima sfida sarà arrivare ad un test rapido, affidabile, poco costoso e alla portata di tutti. Non solo per l'Alzheimer, ma anche per le altre patologie neurodegenerative FTLD.

Studiando le FTLD, malattie rare

I risultati di questo studio sono arrivati indirettamente.

L'obiettivo iniziale della ricerca era mettere a punto un test di screening per poter identificare e diagnosticare - il prima possibile - una serie di malattie rare, collettivamente note come FTLD (Frontotemporal lobar degeneration).

Esistono tre varianti di FTLD, tutte caratterizzate da un progressivo declino del comportamento o del linguaggio associato alla degenerazione dei lobi temporali frontale e anteriore. Negli ultimi anni questa sindrome è stata associata, soprattutto negli ultra-65enni, alla demenza senile. Le tre varianti sono: (i) demenza comportamentale, caratterizzata da cambiamenti nel comportamento e nella personalità; (ii) demenza semantica, con una progressiva perdita di conoscenza delle parole e degli oggetti; (iii) afasia progressiva, caratterizzata da una perdita di grammatica e deficit del linguaggio motorio.

Si tratta di pochi casi ogni 100mila abitanti, per questo rientrano tra le malattie rare.

I ricercatori californiani volevano trovare un sistema di screening rapido per distinguere i pazienti affetti da FTLD - dove l'accumulo di proteina tau porta ad una degenerazione/atrofia del lobo frontotemporale - da quelli con Alzheimer, dove la proteina tau è presente nelle aree cerebrali maggiormente connesse, propagandosi da neurone a neurone come una "epidemia".

Una prima conferma

Una prima conferma dei risultati di questa ricerca è arrivata, sempre sullo stesso numero di Nature Medicine, dall'Università di Lund, in Svezia. Una ricerca, anche questa finanziata in parte dalla NIH, guidata da Oskar Hansson, che ha portato alle stesse conclusioni.

Anche gli svedesi hanno dimostrato che è sufficiente effettuare un test del plasma per individuare la pTau181. Con la stessa attendibilità delle analisi del liquido spinale o della scansione cerebrale per immagine in PET (Positron Emission Tomography).

In questi giorni in cui il Covid-19 ha ucciso uno dei maggiori esperti italiani di Alzheimer, Ivo Cilesi, medico 61enne specializzato nella cosiddetta "Doll Therapy", facciamo affidamento a questa buona notizia: la possibilità per tutti, speriamo il prima possibile, di poter fare un test, sfruttabile eventualmente anche negli screening di massa delle popolazioni più a rischio, e fare diagnosi precoci di Alzheimer. Un modo per una successiva gestione clinica ottimale della patologia.