La spedizione italiana a Rio 2016 si è chiusa a due passi dalla cifra tonda di medaglie, 28, esattamente come a Londra, in linea con le aspettative della vigilia. Il flop dei flop è stato quello della nazionale femminile di pallavolo, trascinate allo sbando da federazione e allenatore, protagonista di scelte poco comprensibili nelle convocazioni, e il riferimento non è solo alla bocciatura della Diouf. Tante giovani si sono unite a veterane al capolinea, il risultato è stato umiliante.

Irma e Vanessa, il cuore non basta

Disastroso anche il bilancio del pugilato, a secco di medaglie dopo 20 anni.

Russo se n’è andato gridando al complotto, ma in realtà ha deluso fin dal primo combattimento, imitato dal resto del contingente maschile. Onore solo a Irma Testa. Poco si poteva chiedere al golf, ma c’era modo e modo per affondare, e all’artistica, anche se Vanessa Ferrari ha tradito sul più bello, a un passo dauna medaglia storica, assente nel femminile dal 1928. Il tennis ha fatto il possibile(Fognini a un passo dal sogno contro Murray e le Chichis avevano il tabellone spianato dopo il flop delle Williams), mentre la vela fa mordere le mani per le medaglie sfiorate da Conti e Clapcich (si poteva fare) e dalla sorpresa (rimpianti moderati) Tartaglini.

Il canottaggio si è salvato grazie al miracolo del due senza, sul podio pur senza preparazione mentre, polemiche “cicciottelle” a parte, ha deluso e non poco pure l’arco, non tanto le ragazze, sulle quali in pochi nutrivano speranze, e capaci di sfiorare il podio, bensì i maschi.

Capitolo a parte per il ciclismo. Gli stradisti avevano fatto tutto alla perfezione, ma la sfortuna ha negato a Nibali un podio sicuro, anche se forse non il primo posto. Ma il futuro fa paura senza specialisti nelle gare da un giorno.

Nuoto e scherma, ora serve il ricambio

Non stanno certo meglio Arianna Errigo e il fioretto maschile a squadre: il flop della campionessa brianzolae del trio di maschietti non ha una vera spiegazione.

Troppe aspettative per la prima, scarichi i secondi, arrivati chiaramente a fine ciclo, e non salvati dall’oro di Daniele Garozzo nell’individuale. A colpire negativamente però sono state le modalità di certe sconfitte, troppo pesanti per appartenere alla tradizione italiana. Capita, rimbocchiamoci le maniche e pensiamo al ricambio generazionale.

Quello che sembra mancare nel nuoto, dove senza l’ombrello Federica Pellegrini l’Italia al femminile sembra destinata a una lunga fase di oblio. Fede ha steccato i 200 stile e fatto il possibile in staffetta, ma a 28 anni è già miracoloso essere a certi livelli e l’ammissione del flop le fa onore.

Sprofondoatletica

Le zero medaglie erano temute, ma il problema sono stati i piazzamenti mancati. Cocente la delusione dei maratoneti, da salvare solo un manipolo di donne, Antonella Palmisano quarta nella marcia (dove l’azzurra più attesa era la Giorgi, ancora squalificata) e Libania Grenot, che ha portato l’Italia nella finale del giro di pista. La stessa italo-cubana però è il simbolo del piccolo, grande rimpianto delle staffettiste della 4x400: ok il record italiano, ma le gambe sono mancate in finale, a un passo da un podio che sarebbe stato storico.

Promosse con riserva anche Alessia Trost, quinta nella stranissima finale dell’alto cominciata senza un perché da 1,88: gara povera di contenuti, il podio mancato è un rimpianto doppio.

Gioie e dolori da judo e lotta. Il judo si conferma affidabile, con l’inatteso oro di Fabio Basile e l’argento di Odette Giuffrida, ma il bronzo di Frank Chamizo nella lotta libera non può piacere: l’italo-cubano ha pagato forse il peso del pronostico e l’attesa fino all’ultimo giorno, ma ha deluso, uscendo, pur tra le polemiche, in semifinale dopo due combattimenti troppo sofferti.