Il britannico Chris Froome ha conquistato il suo quarto Tour de France, il terzo consecutivo. Un poker che scrive sempre più il nome del “keniano bianco” nella storia della corsa ciclistica su strada più prestigiosa del mondo. Un successo che non arriva da dominatore incontrastato, come in passato, ma grazie alle due brevi cronometro di Düsserdolf (prima tappa di questa Grande Boucle 2017) e Marsiglia il penultimo giorno. I 54’’ di vantaggio sul secondo classificato, il colombiano Rigoberto Uran, e i 2’20’’ sul francese Romain Bardet, terzo sul podio finale, sono infatti il risultato delle ottime prestazioni di Froome contro il tempo.

Può sembrare paradossale in un Tour con pochissimi chilometri a cronometro, ma con i favoriti quasi sempre allo stesso livello nelle grandi salite. Una corsa gialla molto combattuta ed equilibrata, ma con una parte finale meno avvincente rispetto alla prima.

Vittoria meritata

Negli anni passati, soprattutto nel 2013 e nel 2015, il campione della Sky aveva costruito i suoi successi in maglia gialla con prestazioni straordinarie sulle prime salite, infliggendo subito grandi distacchi agli avversari, incolmabili grazie anche al suo alto rendimento nelle prove contro il tempo. Ma quest’anno Froome non è mai riuscito a fare il vuoto su Massiccio Centrale, Pirenei e Alpi. Si è però difeso con attenzione e tenacia, supportato da una squadra di primo livello (in particolare Mikel Landa, quarto nella generale, e Michal Kwiatkowski) che, anche in questa edizione, si è confermata la più forte.

Non ha entusiasmato e non è riuscito a vincere neanche una tappa, ma il suo posto sul gradino più alto del podio di Parigi è meritato.

Gioie e rimpianti italiani

Come al Giro con Nibali, l’onore del ciclismo italiano è stato salvato dal nostro uomo di classifica. fabio aru è infatti l’unico azzurro ad aver vinto una tappa (la quinta, con arrivo a La Planche des Belles Filles).

Ma il sardo dell’Astana ha fatto molto di più: ha indossato la maglia gialla per due giorni, spezzando il dominio della Sky, ed è stato l’unico a staccare Froome in salita per due volte, mettendo seriamente in pericolo il suo primato. Purtroppo una fastidiosa bronchite e gli infortuni dei compagni di squadra più preziosi (Fuglsang, Cataldo e Lutsenko) hanno frenato la sua corsa sulle salite alpine dove, con la condizione mostrata sulle prime montagne, avrebbe potuto attaccare nuovamente la maglia gialla.

Arriva invece quinto nella classifica finale, un buon piazzamento alla luce di problemi di salute che avrebbero mandato alla deriva molti altri corridori. Ma ha capito che un giorno il Tour potrà vincerlo.

Il rinato e il deluso

La vera sorpresa della Grande Boucle 2017 è Uran: dopo due stagioni negative, il colombiano della Cannondale si è presentato a questo Tour in una forma mai vista prima. Ha vinto la nona tappa e, grazie alla cronometro di Marsiglia, ha tolto il secondo posto finale a Bardet. Il francese dell’Ag2r si è confermato sul podio, dopo essere arrivato dietro Froome lo scorso anno, ma non ha sfruttato pienamente l’occasione di un percorso adattissimo alle sue caratteristiche, con poche cronometro e diversi arrivi in discesa.

In salita ha conquistato una prestigiosa vittoria sui Pirenei e ha attaccato più volte sulle Alpi, senza però fare la differenza, così come in discesa, suo terreno ideale. E anche con la sua formazione, seconda solo alla Sky come qualità dell’organico, non ha saputo approfittare dei momenti meno brillanti di Froome. Salva il terzo posto per un solo secondo dal recupero di Landa nell’ultima prova contro il tempo. Per Bardet quindi un Tour positivo, ma per riportare la maglia gialla in Francia (che manca dal quinto trionfo di Bernard Hinault nel 1985) dovrà fare molto di più.

Maglia a pois

Un francese che può davvero essere soddisfatto è Warren Barguil, vincitore di due frazioni (più una persa in volata al fotofinish con Uran) e arrivato sugli Champs Elysees con la prestigiosa maglia a pois di miglior scalatore.

Le diverse fughe a caccia di punti nei gran premi della montagna gli hanno anche permesso di entrare nei primi dieci della generale.

I velocisti

Il re indiscusso delle volate è stato il tedesco Marcel Kittel, vincitore di ben cinque tappe. Sarebbe potuto arrivare a Parigi vestendo la maglia verde della classifica a punti se una caduta in discesa, nella tappa alpina del Galibier, non lo avesse costretto al ritiro. Il premio è andato quindi all’australiano Michael Matthews, primo all’arrivo in due occasioni e bravissimo nell’aggiudicarsi punti nei traguardi volanti andando in fuga anche in tappe di montagna.

Bocciati

Alberto Contador e Nairo Quintana erano fra i protagonisti più attesi alla vigilia ma, in forme diverse, hanno deluso le aspettative.

Lo spagnolo, vincitore di due Tour, è uscito dalla lotta per la vittoria finale già sul primo arrivo in salita, ma ha salvato l’onore sfiorando un successo di tappa e tentando più volte la fuga in montagna. Il Pistolero forse è entrato nella fase discendente della carriera, ma ha ancora la classe, la grinta e l’orgoglio del campione. Il colombiano, secondo all’ultimo Giro d’Italia, puntava alla doppietta Giro-Tour, ma sulle strade francesi è stato lontano parente del corridore capace di arrivare già tre volte sul podio degli Champs Elysees. L’età è dalla sua parte e potrà provare ancora l’assalto alla maglia gialla.