La crisi provocata dall'impressionante diffusione del contagio da coronavirus, come noto, non ha risparmiato neanche lo sport, con situazioni che fino a poche settimane fa sarebbero sembrate fantascientifiche. Buoni ultimi si sono infine aggiunti alla lista i Giochi Olimpici di Tokyo 2020 che, nonostante le resistenze degli organizzatori giapponesi, hanno già una nuova data, posticipati all'estate del 2021.

Paralizzati e incerti i maggiori campionati professionistici (e non) di tutti gli sport, anche gli stipendi degli atleti cominciano a essere tagliati per evitare il fallimento di società già private degli introiti da incassi e con un forte dubbio su quelli derivanti dai diritti televisivi.

Si arriva frattanto a soluzioni estreme, come per il campionato italiano di rugby che ha già definitivamente cancellato la stagione 2020.

Tra gli sport di più alto livello e a maggiore impatto vi è certamente la Formula 1 che, nel panorama del motorsport mondiale, rappresenta da sempre la vetta tecnologica e con maggior seguito tra gli appassionati.

Una vigilia tormentata prima del blocco

La Federazione Internazionale ha deciso di bloccare il mondiale, ma solo alla vigilia del primo appuntamento e tra tante incertezze e polemiche. Fino alla fine la Formula 1 ha creduto di potersi distinguere dal resto dello sport mondiale e per la prima tappa del campionato, prevista in Australia per il 15 marzo, l'organizzazione ha permesso ai team di arrivare a Melbourne e iniziare i rituali di ogni weekend di corsa (conferenze stampa, interviste, eventi col pubblico già accalcato alle transenne, installazione strutture, motorhome etc) come se nulla fosse.

L'Australia e le autorità locali ritenevano di poter correre il rischio e nei giorni precedenti alcuni possibili distinguo avevano riguardato solo gli addetti ai lavori italiani.

L'improvvisa notizia di un caso di contagio tra i meccanici del team McLaren ha però cambiato i programmi e seminato i primi dubbi. Molti hanno espresso la loro contrarietà allo svolgimento del weekend di gara con Hamilton e Vettel (i piloti più vincenti in griglia) subito tra i più perplessi.

Dopo diverse riunioni, anche con punti di vista contrapposti (McLaren si è ritirata subito, Red Bull Racing ha pressato fino all'ultimo per disputare il GP, Ferrari non voleva correre) alla fine la competizione australiana è stata annullata. A quel punto, nell'arco di 10 giorni, sono così saltati tutti i Gran Premi seguenti (il Bahrein per primo, nonostante le autorità avessero inizialmente decretato la possibilità di svolgerlo senza pubblico), cosicché l'inizio campionato è ora previsto con il GP del Canada - a metà giugno 2020 - il primo nel calendario a non essere stato cancellato al momento.

La crisi all'orizzonte e le difficoltà di Liberty Media

La crisi seguita alla diffusione del COVID-19 pesa sulla Formula 1 in maniera drammatica, perché enormi sono le cifre in ballo e molto sul serio viene preso il rischio che diversi team possano concretamente fallire. Ma è la stessa organizzazione del Circus, facente perno sui proprietari nordamericani di "Liberty Media", a rischiare di essere colpita in modo decisivo, poiché gli introiti dati per certi sono diventati una nebulosa.

"Liberty Media" per la stagione 2020 aveva imbastito un'operazione di grande respiro - incentivata dagli esiti più che lusinghieri della stagione 2019 - inserendo addirittura 22 gare a calendario, con dei GP nuovi di zecca (Vietnam su tutti) prevedendo quindi una serie di benefici economici a cascata in termini di maggiori entrate.

Nello schema Liberty, ad esempio, gli incassi della vendita biglietti dovevano garantire almeno il 30% dei guadagni totali, ma senza Gran Premi (per il momento, eccetto Australia e Montecarlo, sono tutti posticipati a data da definire) il ridimensionamento dei volumi sarà inevitabile.

Al momento la proprietà statunitense pare voglia puntare su 16/18 gare, concentrando i vari weekend, sfruttando la tradizionale pausa estiva di agosto (ora ufficialmente anticipata a queste settimane) o anche cambiando format di gara, qualifiche e prove libere.

Altro punto interrogativo riguarda i diritti televisivi - basati soprattutto sulle coperture delle pay TV - che, come anche nel calcio e in altri sport, sono l'altra fetta di maggiore appetibilità.

Al momento i contratti sono confermati (perché le TV si aspettano comunque l'avvio della stagione) ma l'incertezza e le probabili variazioni sul campo non escludono a priori, neanche qui, una diversa capacità di introiti.

Le ricadute per "Liberty Media" paiono tanto più pesanti anche considerato il fatto che la proprietà americana nel rilevare l'organizzazione del più grande evento motoristico si è impegnata a pagare i debiti della precedente gestione di Bernie Ecclestone. Lo storico patron della F1 che da mesi rilascia interviste spesso sprezzanti sulla nuova gestione a lui succeduta, pare tutt'altro che disposto a farsi da parte e, nonostante la veneranda età di 90 anni, è da molti rumors accreditato come l'ispiratore di una contro-cordata guidata dal ricchissimo Lawrence Stroll (accreditato di un patrimonio di oltre due miliardi e mezzo di dollari, proprietario di marchio di lusso e moda, nonché del team Racing Point in cui corre il figlio Lance).

Stroll è al momento impegnato in un nuovo progetto motoristico con il glamour del marchio "Aston Martin" (sigla che ancora per quest'anno campeggerà sugli alettoni della Red Bull) ma potrebbe fare il salto di qualità e fornire i capitali per una gestione animata dallo stesso Ecclestone, con a capo della gestione tecnica Toto Wolff, il Team Principal della corazzata Mercedes AMG (il top team che ha dominato la F1 negli ultimi 6 anni).

Wolff pare meno in sintonia con la nuova gestione Mercedes. Il nuovo capo della Casa di Stoccarda, Ola Källenius, lo ha già apertamente ridimensionato, recedendo dalla battaglia avviata dallo stesso Wolff (che aveva coinvolto ben 7 team) contro la Ferrari per vicende legate al propulsore del cavallino rampante del 2019.

Källenius è molto meno propenso a dare carta bianca sulla gestione del team F1, come invece aveva fatto il precedente patron Mercedes, l'oggi pensionato Dieter Zetsche, vero portafortuna Mercedes e grande amico ed estimatore di Wolff.

Il quadro è complesso: Wolff è comunque proprietario di un pacchetto azionario importante (il 30%) di Mercedes AMG e la Scuderia Ferrari si è già messa di traverso riguardo l'ipotesi che un Team Principal possa diventare immediatamente dopo uno dei patron del Circus e magari prendere il posto oggi di Ross Brawn nella guida tecnica di una nuova proprietà.

Con il Coronavirus di mezzo, però, tutto potrebbe diventare più fluido e le incognite finanziare potrebbe accelerare cambi di passo e di idee oggi difficilmente preventivabili.

Nubi all'orizzonte anche per i team

L'incertezza determinata dalla crisi finisce poi col pesare drammaticamente sugli stessi team. Al momento il 67% degli incassi di ogni Gran Premio deve andare alle squadre (in base all'accordo (il cosiddetto "Patto della Concordia") tra gli stessi e la Federazione (FIA) e a questi introiti i team ne aggiungono altri di sponsorizzazioni. Il problema sta proprio nel fatto che per un team (anche piccolo) la gestione sportiva di un anno di Formula 1 può costare pacificamente ben oltre i 100 milioni di euro. Con la riduzione degli incassi 2020 (data la probabile cancellazione di molti GP, oltre ai rischi di incertezza sul pubblico pagante anche per la paura residua di contagi) e la recessione economica mondiale molti sponsor andranno a loro volta al collasso.

Mentre molti altri potrebbero provare a tirarsi fuori con appigli contrattuali (tutt'altro che peregrini) legati alla mancata disputa degli eventi previsti.

In questa situazione, mancando fondi strutturali e liquidità immediata, per molte squadre (alcune delle quali come Haas con un piede già fuori dalla F1 secondo molti osservatori) non ci sarebbe alternativa all'uscita dal Circus e al probabile fallimento.

Il tutto in un quadro che non sembra risparmiare praticamente nessuno, se è vero che anche i top team (i più forti, ma anche i più ricchi: Mercedes, Ferrari e Red Bull) stanno subendo gravi contraccolpi e pesanti perdite dei loro titoli nei listini di tutte le Borse del mondo.

Ralf Schumacher - ex pilota e fratello minore del mitico epta-campione Michael - non ha affatto escluso una crisi anche dei maggiori team.

Intervistato da Sky Deutschland ha riconosciuto che aziende come Ferrari abbiano asset ben più ampi e questioni sociali, nelle fabbriche, che possono far passare in secondo piano il reparto corse propriamente detto.

Maggiore preoccupazione - l'ex pilota Jordan, Williams e Toyota - l'ha poi espressa per i team minori (Williams e Haas) più fragili ed esposti a difficoltà finanziarie, anche memore degli addii alla massima serie che si erano susseguiti in altre epoche di crisi finanziarie, tra il 2008 e il 2009 (Honda, BMW, Toyota e ridimensionamento Renault).

Frederic Vasseur, omologo di Wolff nel team Alfa Romeo, in una recente intervista alla TV francese Canal+ è stato al riguardo piuttosto deciso.

Vasseur è uomo di esperienza e grande simpatia, ma il pessimismo sembra la cifra dominante anche per un personaggio positivo e in grado di gestire situazioni complesse: "Abbiamo visto crisi come quella del 2008, con 3 o 4 team che hanno lasciato. Quest'anno potrebbe accadere lo stesso, mancando le entrate legate ai diritti televisivi".

Vasseur si è detto convinto che il pallino sia nelle mani dei team maggiori. Forse più per ragioni di peso politico che per agibilità finanziaria, anche perché il titolo Mercedes è a sua volta crollato e quello Ferrari, pur in misura minore, non se la sta certo passando meglio.

La Scuderia di Maranello in queste settimane ha sospeso i lavori in alcune fabbriche, come d'altronde hanno dovuto fare un po' tutti i team che ora premono per una graduale riapertura e, come richiesto da un altro Team Principal, Franz Tost di Alpha Tauri, per un "riallineamento temporale" corretto.

Ciò per evitare che alcune scuderie che hanno sede in Paesi da lockdown totale come l'Italia (dove Alpha Tauri ha sede) non possano riaprire mentre altre, grazie a legislazioni anti COVID più aperte, potrebbero mettersi al lavoro prima.

In ogni caso resta un quadro di grande incertezza tecnica (i cambi tecnico-regolamentari con le nuove vetture dovevano partire nella stagione 2021, ma il grande cambiamento è stato a questo punto rinviato alla stagione 2022) e finanziaria, come inevitabile in uno sport di altissimo profilo tecnologico e fatturati monstre quale è la Formula 1.