“Il caso Sinner può essere utile per fare delle riflessioni su tutto il sistema antidoping, che evidentemente ha delle falle e non funziona”. Queste le parole di Sandro Donati rilasciate alla testata locale altoatesina Il T Quotidiano, un allenatore che negli anni si è distinto per la lotta al doping nel mondo dello sport, dall'atletica leggera al ciclismo. Donati ha vissuto da vicino casi di doping, visto che è stato allenatore di Alex Schwazer dopo la prima squalifica e lo ha sostenuto nella sua battaglia per la verità. Donati si è espresso sulla vicenda legata alla positività al Clostebol di Jannik Sinner, il tennista numero uno del mondo, che continua a monopolizzare il dibattito nel mondo sportivo italiano.

L’atleta altoatesino è stato assolto dall'agenzia internazionale per l’integrità del Tennis (ITIA) dall’accusa di doping perché è riuscito a dimostrare che la presenza del Clostebol era dovuta a una contaminazione, avvenuta durante i trattamenti di massaggio effettuati dal fisioterapista Giacomo Naldi senza guanti. Quest'ultimo aveva utilizzato in precedenza una crema contenente il Clostebol per curare una ferita sul proprio dito, crema che era stata acquistata dal preparatore atletico Umberto Ferrara. Entrambi, in seguito a questa vicenda, sono stati rimossi dallo staff dell’azzurro. Tra le riflessioni di Donati su questo caso c'è in particolare quella sull’importanza della difesa nei casi di positività e su come non tutti abbiano i mezzi a disposizione per essere assistiti al meglio.

Donati sul caso Sinner: ‘Quantitativo di Clostebol è insignificante, ma molti atleti ci sono andati di mezzo’

Nell’intervista rilasciata a Il T Quotidiano, Sandro Donati non ha alcun dubbio sulla difesa di Sinner: ‘Quel quantitativo di Clostebol è insignificante, non potrebbe mai dopare nessuno. Non si può collegare in nessun modo Sinner al doping’.

Per Donati la differenza tra questa una sentenza di assoluzione e altre di squalifica per casi simili sta tutta nella qualità della difesa.

Queste le sue parole a riguardo: ‘Sinner, avendo possibilità economiche, è riuscito a farle emergere nell’ottenere verità. Non vorrei che molti atleti ci fossero andati di mezzo solo perché non di grande nome, o perché magari privi delle possibilità economiche di un campione”.

Per riuscire a difendersi, l'atleta deve infatti sborsare un importante quantitativo economico per poter arruolare un team di avvocati e consulenti tecnici, in grado di provare l'innocenza e presentare ricorso. Si parla inizialmente di “50 mila euro tra avvocati specializzati eccetera” e poi “altre decine di migliaia di euro” per i vari gradi di giudizio.

Donati sottolinea infine come bisognerebbe rivedere il sistema antidoping e in particolare la lista di sostanze proibite, visto che la contaminazione da Clostebol è troppo frequente. Tale sostanza può infatti essere trasmessa, secondo quanto gli hanno riferito alcuni tecnici dei laboratori antidoping, in modo troppo semplice, anche con una semplice stretta di mano.

Per questo non tutti gli atleti hanno i mezzi per difendersi e capita quindi che il sistema antidoping vada a penalizzare di fatto i più deboli e non solamente i veri colpevoli.

Gli altri casi di positività al Clostebol: dal ciclismo al calcio

Negli ultimi anni ci sono stati numerosi casi di positività al Clostebol che hanno riguardato diversi atleti in vari sport. Tra questi troviamo l'ex ciclista Stefano Agostini che subì 15 mesi di squalifica nel 2013 per la stessa concentrazione di sostanza di Sinner. Sempre nel ciclismo ci fu la squalifica di Mattia Luboz di un anno, mentre nel calcio c'è stato il casi recente di Jose Luis Palomino dell'Atalanta, sospeso per quattro mesi e poi assolto, e Fabio Lucioni del Benevento, squalificato per un anno.

Altri casi noti hanno riguardato Riccardo Moraschini nel basket, squalificato per un un anno e Viktoria Orsi Toth nel beach volley, che venne squalifica per due anni e dovette rinunciare a partecipare alle Olimpiadi di Rio 2016.