È stata depositata ieri la sentenza n° 23162 della Corte di Cassazione con la quale il Supremo Collegio amplia l'applicazione dei principi di ragionevolezza e capacità contributiva, in particolare nei confronti dei lavoratori autonomi. In sintesi, la Corte ha stabilito che un lavoratore autonomo o un professionista, che svolge la sua attività anche in nero, non può subire la presunzione legale di ricavo, derivandola semplicemente dai prelievi effettuati dal conto corrente bancario o postale che sia.
I fatti alla base della decisione della Corte
L'Agenzia delle entrate aveva inviato un avviso di accertamento nei confronti di un privato che, presso il domicilio della madre, svolgeva l'attività di assemblaggio articoli per l'infanzia completamente in nero.
Infatti, il privato non aveva mai presentato una dichiarazione dei redditi.
L'avviso di accertamento veniva emesso dall'Agenzia delle entrate, semplicemente, sulla base delle indagini finanziarie. Il privato, lavoratore autonomo in nero, impugnava L'avviso di fronte alla competente Commissione tributaria provinciale. In particolare, veniva contestato dal ricorrente l'illegittimità della pretesa sui prelevamenti. Secondo il ricorrente, infatti, l'Erario non aveva sufficientemente provato che tali prelievi erano effettuati allo scopo di acquisire beni utili allo svolgimento dell'attività lavorativa.
La Commissione tributaria regionale, in qualità di giudice d'appello, riformava parzialmente la sentenza accogliendo il ricorso del privato per quanto attiene ai prelevamenti, ma rigettandolo per quanto riguarda i versamenti.
A questo punto l'Agenzia delle entrate ricorreva in Cassazione. Si sosteneva, infatti, che l'onere della prova volto a dimostrare che i prelievi non erano collegati all'attività d'impresa ricadesse sul contribuente.
Le motivazioni della sentenza della Cassazione
Il Supremo Collegio ha, innanzitutto, ribadito l'interpretazione della Commissione tributaria regionale che aveva attribuito al privato la qualifica di lavoratore autonomo sulla base dell'attività svolta.
Di conseguenza, argomenta la Corte, va richiamato un consolidato orientamento del Giudice di legittimità, riportato in diverse sentenze a partire dal 2014, secondo cui la presunzione relativa ai versamenti è lesiva, nei confronti dei lavoratori autonomi o dei professionisti, dei principi di ragionevolezza e capacità contributiva.
Di conseguenza, l'onere della prova per il Supremo Collegio ricade sull'Agenzia delle entrate .
Questa sentenza ampliando il raggio d'azione dei principi di ragionevolezza e capacità contributiva a soggetti , di fatto, artigiani, equiparandoli a lavoratori autonomi e professionisti, è foriera di risvolti pratici e applicativi anche nel reddito d'impresa.