La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3428 del 12 febbraio 2018 ha statuito che l’ Agenzia delle Entrate deve essere condannata a risarcire il cittadino che ha subito un danno in funzione di una trascrizione di pignoramento a suo carico che risulta invalida. ll caso da cui trae origine la decisone ha avuto come protagonista un correntista che proprio in ragione della trascrizione nulla in quanto fondata su un provvedimento ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo ha ricevuto il diniego dalla banca a ottenere credito. Il contribuente aveva quindi proposto ricorso contro l’Agenzia delle entrate per ottenere un giusto ristoro del danno subito.

Dopo la decisione sfavorevole in primo grado, e l’appello proposto dallo stesso in Corte d'Appello, i giudici della Corte d’Appello hanno accolto la domanda risarcitoria del ricorrente. L’agenzia delle Entrate, contestando tale decisione, si è rivolta alla Corte di Cassazione che ha rigettato la sua istanza riconoscendo la sussistenza di un danno all'immagine e affermandone la responsabilità solidale e il conseguente risarcimento del danno. I Supremi giudici di legittimità hanno evidenziato che la condotta colposa del fisco ha provocato un grave danno sia patrimoniale sia non patrimoniale essendo consistito sia in fastidi, disagi e ansie sia in un pregiudizio alla vita di relazione ed una lesione alla reputazione .

Casi in cui è possibile ottenere il risarcimento

Su questo tema, gli Ermellini hanno provveduto ad individuare anche delle ipotesi in cui è quindi possibile chiedere il risarcimento dei danni.La formulazione di tale richiesta è subordinata alla presenza di due presupposti:

  • un danno grave (patrimoniale o non patrimoniale);
  • una responsabilità aggravata (ex articolo 96 codice procedura civile).

Ne deriva che dopo l’accertamento della presenza di un pregiudizio effettivo è quindi certamente possibile ricevere il giusto ristoro.

Deve infatti sussistere un concerto e reale effetto negativo che si ripercuote sul contribuente.

Nella casistica giurisprudenziale rientra anche il cosiddetto discredito creditizio. Il contribuente dal canto suo ha un onere probatorio: deve dimostrare che l’Agenzia delle Entrate ha agito senza la mancanza della dovuta prudenza, con malafede o con colpa grave. In tutti questi casi è comunque opportuno presentare, un ricorso in autotutela al fisco dove vengono enunciate le ragioni dell’illegittimità dell’atto.