Il cantiere in fermento della Legge di Bilancio 2019 non può evitare di affrontare il tema della pressione fiscale abnorme che grava sugli italiani. Se una parte importante della prossima riforma fiscale dovrebbe impattare direttamente su professionisti e lavoratori autonomi con la possibile, anche se non probabile, introduzione dell'Irep, l'imposta sul reddito dei professionisti, un'altra parte altrettanto importante riguarda l'imposizione sulle persone fisiche.
Di conseguenza, nel dibattito politico - economico - fiscale viene reintrodotto il tema della riduzione delle aliquote Irpef.
Nei giorni scorsi il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, aveva dichiarato che i tecnici del suo ministero erano al lavoro per attuare una vera semplificazione fiscale. In particolare proprio per quanto riguarda l'Irpef. Questa, infatti, è un'imposta dall'architettura estremamente complessa in quanto si connette a centinaia di altri provvedimenti legislativi di carattere fiscale. Basti citare, a titolo d'esempio, la gran parte delle tax expenditures.
Il lavoro dei tecnici del Ministero
Secondo quanto riferiscono diversi organi di stampa, tra cui il quotidiano romano "Il Messsagero" ma anche "Il Mattino" di Napoli, i tecnici del Mef, guidati da Fabrizia Lapecorella, avrebbero effettuato alcune simulazioni per studiare le conseguenze di tutta una serie di possibili modifiche delle aliquote Irpef.
Da questa serie di test i tecnici del ministero delle Finanze avrebbero determinato che, nell'attuale situazione economico - sociale italiana, la modifica che dovrebbe apportare i maggiori benefici alla collettività implicherebbe il passaggio dagli attuali 5 scaglioni Irpef a 4 scaglioni. In pratica, si tratterebbe di ridurre l'imposizione derivante dal primo scaglione, attualmente al 23%, e una contemporanea riduzione e accorpamento dei due scaglioni intermedi.
Cioè quelli posti attualmente al 27% e al 38%. In pratica gli scaglioni che riguardano la maggioranza degli italiani, cioè il famoso ceto medio. Anche se ancora non è chiaro quale sarebbe l'aliquota applicata al nuovo scaglione intermedio.
Come si intende ottenere questo risultato
Ovviamente, per poter dare seguito a questa semplificazione occorre passare dalla teoria alla pratica operando delle scelte politiche.
E secondo quanto trapela dalle stanze ministeriali verrebbero attuate delle modifiche sostanziali di molti istituti presenti nel nostro sistema fiscale. Ad esempio, il bonus Renzi dovrebbe essere trasformato da un credito d'imposta in una vera e propria detrazione fiscale strutturale. Per poter far questo sono necessari circa 9 miliardi e mezzo di euro. Almeno in teoria. Infatti, non conoscendo ancora tutti i dettagli della nuova proposta questo importo potrebbe rivelarsi anche insufficiente. Infatti, ogni punto percentuale di riduzione del primo scaglione Irpef costa circa 4 miliardi di euro. Mentre, per quanto riguarda lo scaglione intermedio al 38% ogni punto percentuale di diminuzione costerebbe circa 1 miliardo di euro.
Il difficile è contemperare questa riduzione dell'Irpef con la flat tax voluta dalla Lega di Matteo Salvini. Quello che è certo, fino a questo momento, è che la flat tax partirà a gennaio 2019 solo per le partite Iva e i professionisti. L'aliquota della tassa piatta dovrebbe essere fissata al 15% per chi fattura fino a 65000 euro annui. Inoltre, l'Ires, attualmente al 24%, dovrebbe essere portata al 15% per tutte quelle imprese che procedono al reinvestimento degli utili. Rimane il fatto che i nuovi scaglioni Irpef potranno essere operativi non prima del 2020. E sempre tenendo in debita considerazione le altre riforme cardine del Governo giallo - verde. In primis la riforma della Legge Fornero.