Una delle maggiori fonti di tensioni e contrasti tra le persone deriva dalle questioni relative al condominio e alle cosiddette spese comuni. Recentemente, anche la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi di riunioni di condominio e delle relative deliberazioni assembleari. In particolare, la Seconda Sezione Civile, con la Sentenza n° 28282/2019 depositata lo scorso 4 novembre 2019, ma le cui conclusioni sono state rese note solo ora, ha stabilito che per quanto riguarda le spese di riscaldamento, quando vengono installati dei contabilizzatori, queste si ripartiscono in base ai consumi effettivi e non in base alle tabelle millesimali.
I fatti che hanno portato al giudizio della Corte
La Corte di Cassazione si è trovata a giudicare sul ricorso presentato da un cittadino lombardo che aveva chiesto, sia in primo grado che in appello, la declaratoria di nullità di una delibera assembleare che imponeva la ripartizione delle spese di riscaldamento condominiale nella misura del 50% in base alle tabelle millesimali e per il restante 50% in base ai consumi effettivi delle singole unità immobiliari. Il ricorrente, infatti, riteneva che tale delibera fosse in contrasto con quanto stabilito dalla Delibera della Giunta Regionale IX/2601 del 30 novembre 2011 che prescriveva di attenersi al calcolo dei consumi effettivi delle singole unità immobiliari per quanto riguarda le spese di riscaldamento condominiale con ripartizione in base alle tabelle millesimali delle sole spese generali di manutenzione dell'impianto e di quelle non attribuibili a causa della dispersione termica dell'edificio stesso.
Sia in primo grado che in appello il ricorrente si è era visto rigettare i ricorsi per questo ha presentato istanza alla Corte di Cassazione.
La decisione della Suprema Corte
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del cittadino lombardo. A sostegno della tesi il Supremo Collegio richiama quanto disposto dall'articolo 26, comma 5, della Legge n°10 del 1991.
Tale norma prevede che per le innovazioni relative a sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento, in base al consumo effettivamente registrato l'assemblea di condominio decide a maggioranza in deroga agli articoli 1120 e 1136 del Codice Civile. Tali modalità di ripartizione delle spese in base ai consumi effettivi è stato poi riconfermato in diversi provvedimenti legislativi vertenti sulla stessa materia tra cui, per citare solo l'ultimo in ordine di tempo, il Decreto Legge n° 244 del 2016.
Sullo stesso argomento, continua la Cassazione, è poi intervenuta anche l'Unione europea con l'emanazione della Direttiva 2010/31/UE che ha confermato gli stessi principi. Di conseguenza, chiarisce la Suprema Corte, nel dettare qualunque successiva normativa di attuazione gli Stati e, tanto più, le Regioni sono tenute al rispetto dei vincoli dell'ordinamento comunitario. Per di più, la Cassazione ricorda un principio ribadito anche dalla Corte Costituzionale. E cioè che una norma regionale non può incidere direttamente sul rapporto civilistico tra condomini e condominio regolamentando i criteri di riparto degli oneri di contribuzione alla conservazione delle parti comuni o alla prestazione dei servizi nell'interesse comune. E questo tanto più se tale norma regionale intendesse modificare la portata dei diritti e la misura degli obblighi spettanti ai singoli comproprietari come fissate dalla legge dello Stato. E, in tema di condominio, la legge prescrive che criteri derogatori di ripartizione delle spese, rispetto a quelli stabiliti dalla legge stessa, sia approvati con il voto unanime di tutti i condomini.
Tutto ciò detto, la Corte di Cassazione enuncia il suddetto principio: "Le spese del riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore,devono essere ripartite in base al consumo effettivamente registrato; risultando perciò illegittima una suddivisione di tali oneri operata, sebbene in parte, alla stregua dei valori millesimali delle singole unità immobiliari, né possono a tal fine rilevare i diversi criteri di riparto dettati da una delibera di giunta regionale, che pur richiami specifiche tecniche a base volontaria, in quanto atto amministrativo comunque inidoneo ad incidere sul rapporto civilistico tra condomini e condominio". Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e rinviato gli atti alla Corte d'Appello per un nuovo giudizio.