Catherine Deneuve nella settimana appena trascorsa, ha avuto il coraggio di esprimere pubblicamente il proprio pensiero, uscendo dal coro antimaschilista e dalle continue denunce, risalenti a volte a più di vent'anni fa, di mobbing e Molestie sessuali sia sul i lavoro che alle feste o in altri posti operate a danni di attori e attrici da uomini di potere come attori famosi o produttori.

Dopo le accuse contro il produttore cinematografico americano Weinstein che ha portato al suo licenziamento in tronco ad opera della sua stessa compagnia, la Miramax, sono fioccate le autoconfessioni e le denunce pubbliche di chi ha deciso di fare outing, condividendo la propria esperienza più o meno lontana nel tempo, dichiarandosi a fianco delle vittime degli abusi.

La protesta ha portato #MeToo su Twitter, dilagato in maniera virale, e alla lettera aperta Time's Up del I Gennaio scorso culminando decisamente nella cerimonia di consegna dei Golden Globe, quando tutti gli attori e le attrici, in prima fila Emma Watson che si è sfogata anche in un'intervista al Magazine Variety, si sono presentati in rigoroso nero per dichiarare la propria partecipazione a fianco delle vittime.

Ma Catherine Deneuve, una delle più famose attrici francesi, ha deciso di parlare in modo diverso dando la propria interpretazione della situazione: per di più, la Deneuve non era sola, ma era forse la firma più famosa di 100 donne francesi che si sono schierate per dire apertamente le proprie perplessità contro questa ondata americana di accuse, definita "odio contro uomini e sesso".

Secondo questa lettera, la situazione negli Usa è sfuggita di mano ai contestatori, scatenando un'ondata tale che, secondo le firmatarie, rasenta davvero il razzismo. Si parla chiaramente di Puritanesimo montante, di caccia alle streghe, di maccartismo di riflusso, sostenendo che anche la Francia è sensibile al problema e lotta per la sua soluzione, ma lo fa in modo diverso, meno eclatante e soprattutto non mettendo a ferro e fuoco quella che chiamano la "tweetosfhère".

Matt Damon e Lionel Shriver

Anche Matt Damon ha cercato di calmare le acque, ma in toni molto meno forti delle Francesi, mentre la scrittrice americana Lionel Shriver ritiene che l'unanimità dei messaggi che proviene da Hollywood sia dovuto al timore di essere out e di scadere in popolarità. Addirittura arriva a sostenere che si stanno perdendo le proporzioni, confondendo l'aggressione sessuale vera e propria col mettere semplicemente la mano su un ginocchio.

Insomma il dibattito continua, ma appare evidente che al di qua e al di là dell'Atlantico ci si mette su campi diversi, indubbiamente l'atteggiamento irruente negli Usa è guidato dall'attivismo più moderno e rampante.

Kevin Spacey

Uno dei più colpiti dall'ondata di accuse per molestie sessuali è senz'altro l'attore americano Kevin Spacey, attaccato apertamente per atteggiamenti definiti "predatori" sul set dei vari film girati e in particolare della serie Netflix -House of Cards-. Il primo a lanciare le accuse è stato un ex assistente di produzione: le reiterate denunce rischiano addirittura di far cancellare la serie e di togliere l'attore da film dove aveva già cominciato a recitare.

I detrattori comunque insistono sostenendo che Kevin Spacey ha finito col creare sul set di House of Cards un ambiente "intossicato" moltiplicando comportamenti inappropriati, soprattutto verso i più giovani e aggravando il tutto con commenti fuori luogo e spinti.

L'attore ha dichiarato di non ricordarsi l'episodio della prima accusa, ritenuto troppo in là nel tempo, ha comunque fatto outing della sua omosessualità e si dichiara pronto anche alla frequenza di una terapia, ma per ora le cose sono ancora tutte da vedere per quanto riguarda la sua carriera artistica.