Sempre più ingarbugliata la situazione nello scacchiere medio-orientale, in particolare in Siria. Intorno alle 6.00 del 10 febbraio, le agenzie di stampa hanno diffuso la notizia che un aereo israeliano, di ritorno da un raid in territorio siriano, era precipitato in Galilea, dopo che i due piloti erano riusciti a catapultarsi fuori dall’abitacolo e a mettersi in salvo.

I particolari dell’evento sono stati spiegati in una conferenza stampa dal colonnello Johnatan Conricus, il quale ha comunicato che, a seguito dell’intercettamento di un drone iraniano in missione sul territorio israeliano, l’aviazione di Tel Aviv avrebbe effettuato un raid con otto velivoli su una base iraniana presso Palmira (Tadmor) da dove era stato lanciato il drone.

Nel corso della giornata, i raid israeliani sarebbero stati almeno 12, su obiettivi militari diversi.

Iran, hezbollah e Israele

Anche se i governativi siriani hanno comunicato che il drone, pur essendo iraniano, era stato lanciato da una base siriana, sembra incontestabile che Teheran sia presente in Siria con alcuni contingenti militari ed equipaggiamenti sofisticati. Così come pare evidente che, anche se Damasco sostiene che gli israeliani abbiano colpito il drone iraniano in territorio siriano, il congegno non poteva avere altri obiettivi che spiare le mosse dell’esercito israeliano.

Sia in Siria che nel vicino Libano, già operano i guerriglieri sciiti Hezbollah, cioè il nemico oggi maggiormente temuto da Israele ed alleati dell’Iran sciita.

Tenuto conto di ciò, la presenza iraniana nell’area, sia tecnologica che militare, sembra soprattutto rivolta contro Israele. Ciò spiega l’accanimento verso l’Iran del presidente USA Donald Trump, perfettamente allineato sulle posizioni israeliane, essendo ebreo e filo israeliano Jared Kushner, suo genero e principale consigliere.

Commentando l’evento, la tv di stato siriana ha riferito che l’aereo israeliano era stato colpito dalla contraerea siriana prima di precipitare "in Galilea, nella Palestina occupata", con una terminologia che non riconosce non solo i confini israeliani del 1967 ma nemmeno quelli del 1948. Ciò non fa che complicare ancor più le speranze di pace nell’area, a tutto vantaggio di Israele che fa del mantenimento dello status quo la sua forza.

La posizione di Putin

Per quanto riguarda i rapporti con Israele la Russia, senza la quale il governo di Damasco sarebbe stato spazzato via già da qualche anno, mantiene un atteggiamento più conciliante, nonostante abbia ammesso, di fatto, la presenza iraniana nella regione.

Il ministero degli Esteri russo, infatti, poche ore dopo la caduta dell’aereo israeliano ha dichiarato, molto diplomaticamente, che la sovranità e l'integrità territoriale della Siria e degli altri paesi della regione (cioè anche di Israele) vada rispettata, invitando le parti alla moderazione, evitando azioni che possano aggravare la situazione.

Turchi e Curdi in guerra al confine nord della Siria

Una situazione che, sul fronte siriano nord-occidentale, al contrario, da alcune decine di giorni si è già aggravata.

Nel distretto curdo-siriano di Afrin, infatti, la Turchia è impegnata a combattere i curdi che pure sono stati essenziali a determinare la sconfitta dell’ISIS nell’area. Qui, nonostante la tracotanza del presidente turco Recep Erdogan, le milizie curde hanno abbattuto un elicottero militare turco impegnato in un'operazione contro di esse. Insomma, nonostante la scomparsa dello Stato islamico, anche in Medio Oriente possiamo a buon diritto affermare che 'la guerra continua' e ancora più complicata di prima.