Lo scorso dicembre France Football lo ha inserito nella formazione del 'Pallone d'Oro Dream Team' come centrocampista difensivo. In realtà questo è stato uno dei tanti ruoli di Lothar Matthäus, giocatore assolutamente universale tra i più forti in assoluto nella sua generazione: nato come mediano, si sarebbe affermato come regista di centrocampo nel periodo migliore della sua carriera. Straordinariamente longevo, sarebbe arretrato in difesa nei suoi ultimi anni da calciatore. Possedeva grinta, eccellenti doti tecniche, visione di gioco e anche un grande senso del gol, tra le sue armi micidiali c'era il tiro dalla lunga distanza.
Ha vinto quasi tutto: il Mondiale del 1990 e il titolo europeo dieci anni prima con la nazionale tedesca, 7 titoli in Bundesliga con il Bayern, 1 campionato italiano con l'Inter, 2 volte la Coppa Uefa con Inter e Bayern, oltre ad aver ottenuto il Pallone d'Oro nel 1990. Tra coloro che lo hanno celebrato oggi, 21 marzo 2021 in occasione del suo sessantesimo compleanno, c'è il suo ex compagno di squadra e capitano all'Inter, Beppe Bergomi. In quella squadra allenata da Giovanni Trapattoni, Lothar fu fondamentale per la conquista del celebre 'scudetto dei record' nella stagione 1988/89 e per la Coppa Uefa sollevata nella stagione 1990/91, primo trofeo internazionale per i nerazzurri dopo i fasti degli anni '60.
'Oggi non esiste un centrocampista alla Matthäus'
Giocatore universale e la conferma arriva da Bergomi nella sua intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport. "Lui poteva fare tutto e giocare in qualsiasi ruolo: era velocissimo, strappava in avanti e recuperava dietro, aveva una buona tecnica e una leadership naturale. Oggi non non esiste un centrocampista alla Matthäus per carisma, cambio di passo e senso del gol". Per lo 'Zio' nerazzurro si tratta di un fuoriclasse assoluto: "Non sono solito sbilanciarmi quando si tratta di campioni, ma su Lothar non ho dubbi: è il più forte con cui abbia giocato. Abbiamo avuto il nostro Ronaldo dotato di grande tecnica e velocità, ma la mentalità con cui scendeva in campo Matthäus non l'aveva nessuno.
Bergomi ricorda un aneddoto relativo alla Coppa Uefa della stagione 1990/91, terzo turno con l'Inter impegnata in trasferta a Belgrado sul campo del Partizan. "Perdevamo 0-1 su un campo pessimo ed ero giù di morale, lui mi disse 'tranquillo, ora faccio gol' e lo fece davvero. Questo era Lothar Matthäus".
'Fondamentale per farci vincere'
Lothar Matthäus arrivò all'Inter nell'estate del 1988 insieme al connazionale Andreas Brehme, entrambi faranno compiere alla squadra un salto di qualità che porterà allo scudetto. "La nostra era una buona squadra con diversi nazionali italiani, ma avevamo bisogno dei campioni per vincere e lui lo era in assoluto, ci ha portato quel qualcosa che mancava per imporci in Italia e in Europa".
Aveva 31 anni quando lasciò Milano, nel 1992, dopo 153 gare ufficiali e 53 gol. Era reduce da un grave infortunio, ma avrebbe dato ancora tanto al calcio tornando al Bayern e indossando la maglia del club bavarese fino al 2000. Con la nazionale avrebbe disputato anche i Mondiali nel 1994 e 1998, raggiungendo complessive 5 edizioni della fase finale disputate con il record assoluto di 25 partite. Forse la scelta del presidente Ernesto Pellegrini di privarsi del suo apporto fu frettolosa, come riconosce lo stesso Bergomi. "Il presidente mi ha sempre detto di aver sbagliato, avrebbe recuperato il tempo perduto dopo l'infortunio grazie alle sue doti fisiche e al suo carattere. Lothar era un tipo irrequieto e sul piano comportamentale non sapevi mai come andava a finire, ma con un campione come lui la società doveva avere più pazienza".