A un mese dal cambio in panchina, il refrain rimane lo stesso: la Juventus continua a deludere, e la classifica riflette una crisi di fondo che non può più essere nascosta dietro la lavagna dell’allenatore di turno. Nonostante l’arrivo di Igor Tudor abbia portato una scossa iniziale, è evidente che il problema non stia nella guida tecnica, ma nella qualità e nella tenuta mentale di una squadra che non riesce a sostenere le aspettative.
Juve: tante pressioni su giovani ancora inesperti
Spesso nel mondo del calcio quando una squadra non funziona si dà la colpa all’allenatore.
Ma riguardo alla situazione attuale della Juventus osservando il rendimento degli uomini in campo, il giudizio si fa più chiaro, e impietoso. Questa squadra è povera di idee, sì, ma soprattutto di talento e carattere. I giocatori che dovrebbero fare la differenza non incidono, i giovani su cui si è puntato mancano ancora di maturità, e chi dovrebbe guidarli non pare avere la statura per farlo.
Kenan Yildiz, per esempio, è stato osannato come la nuova gemma bianconera. Talento indiscutibile, certo, ma un classe 2005 con appena 8 gol in 45 presenze stagionali non può e non deve diventare il punto di riferimento offensivo di una squadra che ambisce ai vertici. Lo si è caricato di pressioni senza dargli né i mezzi né il tempo per crescere.
Un attacco dalle polveri bagnate e un centrocampo privo di fantasia
Non va meglio guardando al centravanti titolare Dusan Vlahovic: acquistato dalla Fiorentina tre anni fa per essere il bomber del futuro, il serbo è fermo a 9 gol stagionali, di cui soltanto 5 su azione. Numeri che parlano da soli. Il suo apporto non giustifica le attese, né l’investimento, e si fa sempre più difficile capire se il problema sia tattico, psicologico o tecnico. Forse è un po’ di tutto. Ma non può essere sempre colpa dello schema o della gestione.
Il centrocampo, poi, rappresenta la cartina tornasole di una squadra priva di idee. Affidato a Manuel Locatelli, giocatore diligente ma lontano dai livelli di un regista di spessore internazionale, e a un giovane come Khephren Thuram, reduce da una stagione di crescita in Francia, ma ancora lontano dall’essere una certezza in Serie A.
Si è puntato su un progetto tecnico senza prima costruire una base solida e questo, oggi, la vecchia signora lo sta pagando. Perché Tudor, come prima di lui Motta, e Allegri, può proporre soluzioni diverse, può variare modulo e atteggiamento, ma se a mancare sono intensità, qualità e personalità, le partite non si vincono lo stesso.
Il vero nodo da sciogliere, quindi, non è il chi siede in panchina ma chi scende in campo. Fino a quando la Juventus non avrà il coraggio di ammettere che questa rosa potrebbe essere sopravvalutata, che servono innesti veri e non scommesse o rincorse al talento precoce, continuerà a girare in tondo, illudendosi che basti un cambio di guida per risalire la china.