A mezzanotte è stata impiccata Reyhaneh Jabbari, la giovane donna iraniana che nel 2007, a soli 19 anni, uccise l'uomo che aveva tentato di stuprarla. Aveva testimoniato davanti al tribunale di Teheran. Aveva descritto con precisione i fatti. Morteza Abdolali Sarbandi tentò di violentarla e lei si difese uccidendolo con una pugnalata alle spalle. Le sue dichiarazioni non furono prese sul serio, la ragazza non fu ascoltata. Fu condannata a morte nel 2009 e fino alla mezzanotte di ieri, venerdì 24 Ottobre, aveva vissuto dietro alle sbarre del carcere di Teheran.
A rendere ancora più difficile la sua assoluzione era il ruolo importante che l'uomo svolgeva nel Paese: era un ex dipendente del ministero dell'Intelligence della capitale.
La sua esecuzione era stata più volte rimandata. L'ultimo rinvio è stato quello del 30 Settembre. Non è servito l'intervento internazionale che si è mobilitato fino all'ultimo per salvare la giovane donna. Inutile anche l'appello disperato della madre, Sholeh Pakravan: "Intervenite al più presto, non lasciatela morire". Sholeh capisce che la figlia sta per essere giustiziata quando venerdì, prima dell'esecuzione, la può incontrare per un'ora. Afflitta e senza speranze aggiunge: "Credo che questa sia proprio l'ultima volta che l'ho vista e abbracciata".
Reyhaneh viene impiccata. La pagina facebook che si era tanto battuta per la sua assoluzione: "Riposa in pace".
Reyhaneh avrebbe ricevuto il perdono della famiglia di Morteza Abdolali Sarbandi e quindi la libertà solo se avesse negato che l'uomo tentò di stuprarla. L'Iraniana non è mai voluta scendere a compromessi e non ha mai ritirato le accuse nè ritrattato la versione dei fatti.
Le autorità iraniane hanno ucciso la ragazza con l'accusa di omicidio volontario e premeditato: "aveva acquistato un coltello da cucina due giorni prima dell'omicidio" e ancora "aveva inviato un sms ad un amico nel quale lo informava che avrebbe ucciso l'uomo". Reyhaneh aveva solo 26 anni. L'Italia in prima fila per la sua liberazione.