Sorprende molto, almeno di primo acchito, apprendere dalla cronaca che una maestra, di giorno dedita all'insegnamento in una scuola del milanese, sia la stessa che di notte invece spacciava la droga in uno dei quartieri di Milano. Il caso sembrerebbe quindi confermare l'adagio popolare secondo cui l'abito non fa il monaco.

D'altronde non è raro scoprire che dietro una vita pubblica apparentemente irreprensibile si celino poi invece nel privato inenarrabili vizi, insomma è sempre la stessa storia: pubbliche virtù vizi privati. Il caso di cui stiamo per raccontarvi è la cartina di tornasole di quanto appena detto.

Naturalmente lungi da noi affrettare conclusioni di qualsiasi tipo anche perché le indagini devono fare il loro corso, per cui ci limitiamo a riportare semplicemente i fatti lasciandone il commento ai lettori. Una maestra di 60 anni che di giorno era dedita all'insegnamento, di notte si "dedicava" invece allo spaccio della cocaina in un quartiere di Milano.

La notizia viene riportata dal quotidiano IL Giorno. Qualche giorno fa si sono scoperti tutti gli altarini: la polizia ha colto la maestra mentre armeggiava in una sorta di laboratorio alchemico nell'entrata secondaria del suo negozio di artigianato con i bilancini e buste di cocaina mentre la consegnava a dei suoi conoscenti. La donna ha anche ammesso di farne uso personale.

L'insegnante trasportata in questura è stata quindi interrogata.

La maestra 60enne ha raccontato di un suo figlio grande che lavora all'estero e che con lo stipendio di 2000 euro non ce la faceva a pagare tutte le spese, compreso il vizio della cocaina. Ha deciso quindi di sdoppiare la sua vita: la mattina era la maestra che andava ad insegnare in una scuola milanese mentre nel pomeriggio nel suo laboratorio di artigianato si dedicava alla polvere bianca sia per uso personale, sia tagliandola per cederla a dei conoscenti.

L'arresto della donna è stato convalidato dal tribunale che le ha concesso i domiciliari. La maestra però ha espresso le preoccupazione per il suo futuro lavorativo chiedendo tramite il suo legale di ottenere dal giudice un permesso lavorativo per potersi recare a scuola, ma il tribunale almeno per il momento non gliel'ha concesso.