Solo pochi giorni fa, L'ambasciatore della Libia Aref Ali Nayed e le agenzie di intelligence statunitensi ci hanno messo in guardia a proposito di un possibile attacco dell'Isis in Italia entro settimane anziché mesi.



La Libia è un tema di grande importanza e pericolosità per l'Italia proprio a causa della sua estrema vicinanza.

Seguire l'evoluzione del conflitto in Libia è divenuto quasi obbligatorio, anche a causa di quelle che, per esempio, sono le condizioni del porto e dell'aeroporto di Bari ora ufficialmente a rischio Isis.



L'ultima preoccupante notizia a proposito della situazione in Libia, apparsa oggi su il Giornale e altre testate, riguarda un nuovo appello per i jihadisti tunisini. L'invito rivolto ai jihadisti è quello di unirsi alla lotta in Libia.

La chiamata alle armi è avvenuta attraverso la pubblicazione di un video della durata di circa tre minuti in cui appaiono alcune riprese dell'attacco contro l'ambasciata iraniana insieme al chiaro invito ad unirsi alle milizie jihadiste libiche e liberare la Tunisia dai tiranni.

Così, l'ultima informativa delle agenzie di intelligence fa il punto sulla questione dichiarando che 1500 miliziani tunisini sono pronti ora a partecipare ad un attacco in Libia.



A proposito del problema Libia, Radio Vaticana ha intervistato oggi Roberto Tottoli, professore presso l'Università Orientale di Napoli ed esperto di primavere arabe.

Stando a Tottoli, ciò che dobbiamo aspettarci dalla Libia è un continuo aggravarsi della situazione. Il professore giustifica tale previsione sottolineando il fatto che oggi la Libia, al pari di Iraq e Siria, sta attraversando un momento di totale smantellamento dell'autorità dello Stato.

In buona sostanza, l'idea del dopo Gheddafi diventa l'idea di una crescente separazione interna, un vero e proprio processo tribalizzante.



L'avvenuta frammentazione interna e il relativo caos, è ciò che è avvenuto nel momento in cui queste popolazioni sono state "liberate" dal giogo di poteri totalitari che obbligavano all'unità e alla stabilità attraverso l'uso della forza.

Le primavere arabe rappresentano per questi territori una scommessa grandissima anche per questi motivi. Sarà possibile instaurare e mantenere unità e stabilità nazionale attraverso un sistema non più totalitario ma democratico?

La risposta potrebbe risultare anche positiva. Ad ogni modo, servirà ancora del tempo. La speranza è che la montante agitazione possa risultare, alla fine dei conti, una crisi di assestamento. La preoccupazione è che si tratti dell'inizio della fine non per mano di un potere totalitario ma, paradossalmente, proprio a causa dello smantellamento del potere totalitario in questi territori.



Intanto, l'Italia continua a sperare per la Libia e in Libia. Di oggi è anche la notizia che attualmente l'ENI è praticamente la sola società internazionale impegnata nella produzione e nella distribuzione in Libia. Tuttavia, Più che un segnale positivo a proposito della situazione generale in Libia, sembrerebbe trattarsi di abilità dell'azienda italiana.

In merito alla faccenda, un articolo pubblicato oggi su ilPost si interroga addirittura su chi abbia assunto l'ENI per la propria protezione.