A Georgia, Stati Uniti, è stata giustiziata una donna per avere ucciso il marito. Neanche la richiesta di pietà di Papa Francesco durante il tour americano ha evitato l’esecuzione della sentenza. Sono stati in vano anche gli impegni del team di avvocati che hanno chiesto un appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti per fermare la condanna a morte.
Autore intellettuale
La donna si chiamava Kelly Gissendaner ed è la prima donna giustiziata nello stato di Georgia negli ultimi 70 anni. aveva 47 anni e si era convertita alla fede cristiana per cercare di salvare la sua vita.
Nonostante la buona condotta e la laurea in Teologia conseguita in carcere, alle 12:20 del 30 settembre Gissendaner è diventata la 16° donna condannata a morte dal 1976, quando è stata approvata la massima pena dalla giustizia americana. È morta con un’iniezione letale di pentobarbital nella prigione statale della città di Jackson. Ore prima, nel centro di reclusione sono state rinforzate le misure di sicurezza.
La storia
Gissendaner è stata condannata a febbraio del 1997 per avere ucciso il marito, Douglas Gissendaner. Anche se l’esecutore materiale del crimine è stato l’amante, Gregory Owen. Owen ha ucciso l’uomo con diverse coltellate, ma ha accettato un accordo con la giustizia e ha testificato contro la donna.
La donna voleva beneficiarsi di una polizza di vita di 10mila dollari e una casa di 84mila dollari che condivideva con il marito. Owen è stato condannato all’ergastolo, ma dal 2022 può optare per la libertà costituzionale. Gissendaner invece non ha voluto arrivare ad un accordo ed è stata condannata a morte.
L’appello di Papa Francesco
Ci sono state molte richieste di clemenza per Gissendaner. La più importante è stata fatta recentemente da Papa Francesco. Il Santo Padre ha fatto un appello alla giustizia americana per chiedere il perdono della vita della donna attraverso un rappresentante diplomatico: l’arcivescovo Carlo Maria Vigano.
La lettera di Vigano
Vigano ha inviato una lettera martedì alla commissione di perdono e libertà condizionata di Georgia, nella quale pregava per la trasformazione della pena – senza minimizzare la gravità del crimine – a una sentenza più consona con i valori di giustizia e pietà. L’inviato ha citato alcuni passaggi del discorso di Papa Francesco al Congresso americano, dove chiedeva l’abolizione della pena di morte.
Il caso
Avvocati e famigliari hanno chiesto la valutazione del caso e hanno presentato la testimonianza di molte detenute che sono riuscite a superare momenti di depressione e sconforto grazie al sostegno di Gissendaner. Il tempo trascorso in carcere l’aveva fatta cambiare. Le opzioni della commissione erano: ratificare la prima risposta negativa alla richiesta fatta a febbraio, aspettare 90 giorni per analizzare meglio il caso, concedere il perdono o eseguire della giuria.
Le autorità però non cambiarono idea e la sentenza è stata compiuta.
La figlia
La figlia di Gissendaner, Kayla Gissendaner, aveva sette anni quando sua madre ha organizzato l’assassino di suo padre. Oggi fa parte delle persone che hanno chiesto la revisione del caso: “Mio padre non avrebbe voluto che mia madre fosse giustiziata, neanche sapendo il ruolo nel crimine. Lui non avrebbe voluto farci passare per un’altra perdita”, ha detto. “Ho dovuto affrontare quello che mia madre ha fatto – ha spiegato – e sono riuscita a trovare il modo di perdonarla. Nel processo ho visto che mia madre ha lottato per superare quello che ha fatto e si è confrontato con l’orrore delle sue azioni”.