Nel 2006 si era guadagnato il plauso delle associazioni antimafia e dell’imprenditoria siciliana “sana”. Vincenzo Artale, imprenditore di Castellammare del Golfo, provincia di Trapani, aveva denunciato gli esattori che erano venuti da lui a chiedere il pizzo. Dopo l’episodio, era diventato quasi un simbolo e si era guadagnato l’appellativo di “imprenditore antiracket”. I tempi cambiano o, probabilmente, restano sempre gli stessi senza che nessuno ne sappia nulla, relativamente alla verità dei fatti. L’operazione antimafia messa a segno all’alba di oggi dai carabinieri della compagnia di Alcamo e del comando provinciale di Trapani, tra i territori di Alcamo e Castellammare del Golfo, racconta un’altra versione dei fatti e cioè che il 64enne imprenditore antiracket sarebbe in realtà colluso con la mafia.

L’operazione ‘Cemento del Golfo’

All’alba di oggi i militari dell’Arma hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcerenei confronti di altrettanti soggetti, accusati di associazione mafiosa. L’operazione è stata denominata “Cemento del Golfo”. L’arresto più importante è quello di Mariano Saracino, 69 anni, ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia. È considerato vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, aspetto che ha favorito la sua scalata ai vertici di Cosa Nostra in provincia di Trapani. Saracino ha finito da poco di scontare una pena detentiva di dieci anni e, nonostante in passato avesse subito anche un sequestro di beni pari a circa 45 milioni di euro, era riuscito a ricostruire le sue fortune attraverso le attività illecite che si sarebbero sviluppate nel settore delle forniture di cemento ed inerti.

Le sue aziende hanno infatti operato nell’ambito di alcuni lavori pubblici di primaria importanza per la zona come il rifacimento di un tratto stradale di proprietà dell’Anas nel territorio comunale di Alcamo. La famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo avrebbe costretto le ditte appaltatrici, attraverso intimidazioni, a rifornirsi di materiali presso l’azienda del citato Vincenzo Artale che così facendo si è facilmente aggiudicato le maggiori forniture della zona.

Gli altri arrestati

Nel corso dell’operazione antimafia coordinata dalla DDA di Palermo, sono finiti in manette anche il 70enne Vito Turriciano, Vito e Martino Badalucco, di 59 e 35 anni, padre e figlio. Nel corso del blitz sono stati messi i sigilli ad una società petrolifera, la "SP Carburanti" di Castellammare, intestata a due soggetti ritenuti prestanome di Mariano Saracino.

Sei avvisi di garanzia sono stati inoltre notificati ad altrettante persone. Sono accusate a vario titolo di intestazione fittizia di beni e favoreggiamento personale con l'aggravante di aver agevolato le attività di Cosa Nostra. Almeno un centinaio i militari impiegati in questa importante operazione antimafia le cui indagini hanno preso il via quasi tre anni fa e sono culminate negli arresti suddetti. Gli investigatori si sono avvalsi di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Il tutto si inquadra tra le attività finalizzare ad indebolire il potere economico mafioso in provincia di Trapani ed a chiudere ulteriormente il cerchio attorno al superlatitante Matteo Messina Denaro.