La leader del partito al governo in Myanmar Aung San Suu Kyi, già premio Nobel per la pace, ha recentemente messo in guardia gli Stati Uniti e altri paesi occidentali di non fare riferimento al nome Rohingya per indicare la minoranza etnica presente nel paese. Si tratta di una presa di posizione eclatante se si pensa che Suu Kyi si è sempre definita come una paladina dei diritti umani. Rifiutare di riconoscere i Rohingya, molti dei quali hanno vissuto in Myanmar per generazioni, è sconcertante e deludente.

Chi sono i Rohingya

I Rohingya sono una minoranza musulmana in un paese prevalentemente buddista come il Myanmar.

Da anni vengono loro negati sistematicamente i diritti più elementari: la cittadinanza, la libertà di culto, l'istruzione, il matrimonio, viaggiare. Sono considerati come immigrati clandestini provenienti dal Bangladesh e trattati come se non fossero umani. Decine di migliaia di Rohingya sono stati cacciati dalle loro case con violenza e molti di loro uccisi. Le persecuzioni hanno portato in tanti a scappare dal paese, il più delle volte via mare su barconi fatiscenti e in condizioni spaventose. Quelli che tentano di scappare via terra per attraversare i confini dei paesi vicini, spesso trovano la morte per mano dei militari che pattugliano le frontiere, soprattutto in Thailandia.

Nobel per la pace immeritato

Aung Sang Suu Kyi è una persona carismatica, divenuta leader del Myanmar dopo anni di dittatura militare, ha vissuto agli arresti domiciliari per molto tempo proprio per essersi opposta al regime. Ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1991, ma attualmente con i suoi silenzi e la sua indifferenza riguardo al genocidio dei Rohingya, sta rovinando la sua immagine, simbolo della lotta al dispotismo per una generazione.

La ragione per cui Suu Kyi è riluttante ad abbracciare pubblicamente la causa delle minoranze etniche viene vista da molti come paura di inimicarsi i nazionalisti buddisti che l'hanno sempre appoggiata. Gli stessi nazionalisti che hanno protestato ultimamente davanti alle ambasciate occidentali perché non vogliono sentire il nome dei Rohingya associato al loro paese.