Il corpo senza vita del ricercatore italiano Giulio Regenifu ritrovato sulla strada del Cairo il 25 gennaio alle ore 19.45. Sono passati sei mesi e ancora non è stata fatta piena chiarezza sulla sua morte. Ancora poca collaborazione tra le autorità egiziane e il governo italiano, e troppi silenzi, poche dichiarazioni e il caso di giovane friulano resta avvolto dal mistero.

I genitori di Giulio in occasione della fiaccolata organizzata al Pantheon, a Roma, da Amnesty international Italia e varie associazioni, chiedono ancora una volta la verità sulla morte del figlio.

Un dolore troppo grande che non trova “giustizia”, che scuote l’opinione pubblica. Per questo motivo, milioni di persone si sono unite alle istituzioni, organi di stampa, università e scuole, con lo scopo di sostenere i genitori distrutti dal dolore. Tutti in strada, nelle mani da un lato la candela e dall'altra la bandiera gialla, il colore di Giulio.

La verità mancata

L’autorità egiziana nega ancora l’accesso agli atti di fascicolo per ottenere il traffico delle celle telefoniche nelle zone in cui scomparve il Regeni. Il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury, sostiene che non sono stati fatti passi avanti nelle indagini, poiché è mancata la partecipazione dell’autorità egiziane con la procura di Roma.

È chiaro che il legame tra Regeni e il mondo sindacale egiziano, crea tensioni al regime guidato dal generale Abdel al-Fatah Al-Sisi. Sei mesi fa il giovane ricercatore è stato seviziato e torturato.

Misura imponente

Per avere finalmente una verità sulla morte del Regeni, Riccardo Noury afferma che le istituzioni italiane dovrebbero usare il “pugno duro”, bloccare ogni trasferimento di armi dall’Italia all’Egitto.

Visto e considerato che le armi servono solo a limitare i diritti umani. E’ necessaria una revisione dei rapporti internazionali di cooperazione tra l’Unione Europea e l’Egitto e con le Nazioni Unite creare un procedimento adattabile nella convenzione ONU contro la tortura.

Il governo italiano, nel caso di Giulio Regeni e in tutti gli altri casi sospesi, deve fare molto di più.

Non è accettabile che ancora dopo sei mesi, i genitori chiedano a voce alta implorando di conoscere la verità sulla morte del figlio. A oggi nessuna chiarezza è stata fatta, non si è giunti a una conclusione reale e concreta, la morte di un giovane ricercatore italiano non può restare vaga e impunita.