Ventotto anni senza Mauro. Sono tanti, trascorsi da quel maledetto 26 settembre 1988 quando Mauro Rostagno venneucciso a colpi d'arma da fuoco in contrada Lenzi, Valderice, provincia di Trapani, a pochi metri dalla comunità Saman. Per tanti anni la gente si è chiesta chi avesse assassinato quell'uomo dal sorriso gentile, il cui volto barbuto entrava quotidianamente nelle case dei trapanesi dagli studi dell'emittente RTC. Una voce libera, diretta, in grado di farsi comprendere da tutti e, pertanto, anche da coloro che hanno deciso di farlo tacere per sempre perché quella voce dava troppo fastidio.

Il 15 maggio di due anni fa, dopo decenni di depistaggi, la Corte d'Assise di Trapani ha condannato in primo grado Vito Mazzara ed il boss mafioso Vincenzo Virga, rispettivamente esecutore e mandante del delitto Rostagno.

Da Trento a Trapani

Nato a Torino nel 1942, laureato in sociologia a Trento, la stessa università dalla quale nel periodo a cavallo tra gli anni '60 e '70 fuoriuscirono molti attivisti come Marco Boato, Renato Curcio, Mara Cagol e Marianella Pirzio Biroli - alcuni dei quali si daranno alla lotta armata durante gli "Anni di piombo" - Mauro Rostagno fu tra i fondatori di Lotta Continua nel 1969 insiema al già citato Boato, ad Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani, Enrico Deaglio, Paolo Brogi e Guido Viale.

A Trapani invece Mauro arriva nel 1981, all'epoca ha già abbandonato la politica dopo il fallimento progressivo di buona parte dei movimenti della sinistra extraparlamentare. Reduce da anni in India, dove abbraccia la filosofia degli 'arancioni' del discusso Osho, Rostagno si trasferisce in Sicilia dove fonda la comunità Saman insieme alla compagna Chicca Roveri ed a Francesco Cardella.

Da centro di meditazione, Saman sarà poi trasformata in comunità terapeutica per il recupero dei tossicodipendenti. Dalla metà degli anni '80 lavora come giornalista e conduttore per Radio Tele Cine e dagli schermi della piccola emittente trapanese si fa promotore di un graffiante giornalismo d'inchiesta, volto ad identificare i "poteri forti" e le collusioni tra mafia, imprenditoria e massoneria.

All'indomani del 26 settembre 1988, il sospetto che la sua uccisione possa essere stataordinata da Cosa Nostra è subito forte ma negli anni saranno seguite diverse piste, da quella interna a Saman a quella del possibile coinvolgimento dei suoi vecchi compagni della sinistra extraparlamentare. Si parlerà anche di presunti collegamenti conl'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia, causa un traffico d'armi che avrebbe avuto proprio a Trapani una delle basi logistiche. Di fatto la sentenza del 2014 che stabilisce il "delitto di mafia", non ha mai escluso del tutto questa pista.

Un giornalismo ormai tramontato

Oggi, quasi trent'anni dopo, l'eredità lasciata da Mauro Rostagno al mondo del giornalismo, al pari di quella di molti altri colleghi vittime del loro coraggioso lavoro, sembra irrimediabilmente dispersa.

Mauro in particolare possedeva una dote rara che, invece, dovrebbe essere tipica di qualunque cronista: la capacità di inserirsi nella quotidianità della gente, di tutta la gente indipendentemente dalla cultura e dall'estrazione sociale. Sapeva farsi comprendere usando il linguaggio proprio della "verità", in modo spregiudicamente diretto. Aveva questa abilità ed aveva soprattutto coraggio perché in questa sua scommessa professionale nel nome dell'informazione ha messo in gioco la sua vita e l'ha persa. Questo non vuol dire che oggi non esistano i giornalisti di talento in Italia ma, sempre più spesso, finiscono per essere mortificati da un ordine professionale che non li tutela e sono lasciati in pasto a pseudo-editori ai quali non conviene investire sull'informazione libera ed indipendente.

Se l'Italia, stando alle ultime stime, si trova al 77esimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa dietro a Paesi come Ghana, Burkina Faso, Haiti, Senegal, Tanzania e Nicaragua, ci sarà un motivo.