La formazione di Libero Grassi non gli lasciò spazio di possibilità alternative perché figlio della generazione del coraggio e delle due Verità: Resistenza e Fascismo.Lo spirito di un combattente: altri uomini, altri tempi.

E invece questo tempo lo ha tradito, prima lasciandolo solo a contrastare il racket dell'estorsione e poi oscurandone la memoria, una triste rimozione studiata scientificamente, o insita in un popolo che alla pesantezza del ricordo dei suoi eroi preferisce la leggerezza dei Pokemon go.

Il sito de La Repubblica.it oggi riporta l'intervista alla figlia Alice secondo la quale il padre "era troppo avanti con i tempi", sottintendendo una responsabilità astratta dell'accaduto, salvo poi correggere il tiro individuando, indirettamente, nella solitudine, da parte delle Istituzioni e delle Associazioni che dovevano proteggerlo, i veri artefici della sua morte.

Non si trattò, quindi, di avanguardismo perché i tempi non sono così cambiati da allora se è vero che lo Stato Italiano, a tutt'oggi, tutela solo in teoria i tanti Testimoni di Giustizia, annientando le loro vite senza spargimento di sangue, facendo, così, il gioco della Mafia che, si sa, colpisce quando si è lasciati soli.

Libero Grassi e la lettera agli estorsori

La vicenda Grassi fu caratterizzata da un certo uso dei mass media, in questo senso si trattò effettivamente di una piccola rivoluzione, con l'intenzione di sensibilizzare le coscienze.

Il 10 Gennaio 1991, Il Giornale di Sicilia pubblicò una lettera dell'imprenditore, indirizzata al suo "caro estortore", nella quale è evidente il prevalere del sarcasmo sulla paura:

" Caro estortore.....Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia...."

Una vera e propria prova di forza da parte di Grassi che da lì a poco sarebbe stato assassinato sotto la casa di Palermo da Salvo Madonia, condannato all'ergastolo, e da Marco Favaloro, poi pentitosi.

L'esecuzione descrive la più classica delle sceneggiature di storie criminali: gli spararono alle spalle come segno di disprezzo per "un infame", nel deviato codice della Mafia, che doveva morire come un vigliacco perché aveva denunciato, ma i veri vigliacchi, lo sappiamo, sono quelli che non fanno i conti con la loro coscienza.

E' tempo di ricordi: Rai, Mediaset e la memoria ritardataria

Quando un popolo perde la memoria storica è destinato a diventare facile preda di chi, deliberatamente, lo inganna, mistificando i fatti, per finalità individuali avulse da ogni idea di bene comune.

E' questo uno scollegamento che produce, a lungo termine, disgregazioni e tensioni sociali, (paradossalmente lo insegna proprio la storia mortificata), perché l'ideale, anche se può sembrare cinico, sarebbe quello di insistere nelle analisi finché le circostanze sono favorevoli e, quindi, nel momento stesso in cui si verificano.

Si potrebbe obiettare:"Meglio tardi che mai!" e allora accontentiamoci delle tante manifestazioni, delle mille analisi e della ricostruzione storica in differita.

Stasera, in prima serata, RaiUno trasmetterà la docufiction "Io sono Libero" che ripercorre gli ultimi otto mesi di vita dell'imprenditore e del suo grido nel deserto.

Mediaset, invece, manderà in onda, in seconda serata, il documentario di Pietro Durante "Libero nel nome", all'interno di Top Secret.

E' triste per uomini che hanno scelto di vivere senza paura, morendo una volta sola (Paolo Borsellino).