In queste ore di festa mentre molti festeggiano e si rilassano in famiglia, altri stanno vivendo un vero e proprio dramma connesso alla perdita dei propri posti di Lavoro. Tra queste persone vi sono i lavoratori del colosso dei call center Almaviva.

Sia per la sede di Roma sia per quella di Napoli sono previsti tagli agli stipendi e ridimensionamenti del personale. Oggi alla vigilia del 2017 la partita a Napoli è ancora aperta, mentre a Roma, per una scelta sindacale, è definitivamente conclusa, con l'avvenuto invio di 1666 lettere di licenziamento.

Le decisioni di Almaviva

La proposta di Almaviva, appena ricevuta, era stata dichiarata inaccettabile dai sindacati, perché di fatto prevedeva una riduzione degli stipendi part-time dei lavoratori, già compresi tra i 750 e i 550 euro, del 17%, a livelli tali da non poter recepire nemmeno più il bonus di 80 euro del governo Renzi. Questo, infatti, non è destinato a coloro che sono "incapienti", cioè che percepiscono un reddito inferiore alla soglia degli 8.000 euro. Per far fronte a ciò il Ministero dello Sviluppo Economico aveva proposto alle Rsu di Napoli e Roma (le due sedi coinvolte) di firmare un accordo-ponte, che consentisse di fare ricorso per tre mesi alla cassa integrazione in attesa di trovare un accordo per il "recupero di efficienza e produttività".

L'evolversi della vicenda e le lettere di licenziamento

I sindacati nazionali avevano espresso parere favorevole alla proposta del MISE, mentre i sindacalisti aziendali si erano divisi. Quelli di Napoli avevano firmato, quelli di Roma no e avevano indetto un referendum per chiedere ai lavoratori della sede romana di esprimersi.

L'esito era stato favorevole all'accordo ma il tempo a disposizione era scaduto. Le lettere di licenziamento erano già partite, e nonostante i tentativi di mediazione dei MISE, Almaviva non ha voluto ritirare le lettere di licenziamento. Così mentre a Napoli 850 lavoratori sono in Cig (Cassa integrazione guadagni) e aspettano di conoscere la loro sorte, per tutti i 1666 lavoratori di Roma la sorte è segnata. Di tutta la vicenda restano le urla della lavoratrice romana contro il sindacalista aziendale: "Cosa do ora da mangiare a mio figlio di quattro anni a casa?"