La procura di Pavia ha accolto l'esposto presentato dalla difesa di Alberto Stasi, condannato in terzo grado a 16 anni di reclusione per l'omicidio della allora fidanzata Chiara Poggi, e ha deciso di riaprire le indagini sulla vicenda. A più di nove anni da quel 13 Agosto 2007 in cui la ragazza fu uccisa con violenza il caso torna di attualità, con una seconda inchiesta, che per ora ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di Alberto Sempio.

Le accuse della difesa di Stasi

Secondo gli avvocati dell'ex bocconiano il profilo genetico di Sempio potrebbe coincidere con i frammenti di dna rivenuti sotto le unghie di Chiara.

La mamma di Stasi si sarebbe rivolta ad un'agenzia di investigatori privati, dopo la condanna del figlio, per cercare la verità sull'omicidio, e le indagini portate avanti dagli investigatori ingaggiati si sarebbero strette intorno ad Alberto Sempio. Gli investigatori assunti dalla famiglia Stasi avrebbero prelevato - a sua insaputa - un campione del dna del ragazzo, per confrontarlo con quello trovato sotto le unghie di Chiara, e ritengono che sarebbe corrispondente. L'esito dell'indagine privata fatta svolgere dalla famiglia di Alberto è stata presentata dai legali sotto forma di esposto, spingendo la procura ad aprire una nuova inchiesta.

Chi è il nuovo indagato

Andrea Sempio, che all'epoca dell'omicidio di Chiara aveva raggiunto da poco la maggiore età, è un amico del fratello di Chiara Poggi.

All'epoca dei fatti fu ascoltato due volte dagli inquirenti in qualità di testimone, ma non emerse nessun elemento che potesse ipotizzare un suo coinvolgimento nel brutale omicidio di Chiara, e non fu mai indagato. Oltre alla presunta prova scientifica un altro elemento a carico del ragazzo secondo i legali di Stasi sarebbe in possesso di una bicicletta simile a quella che due testimoni hanno notato nei pressi della villetta di Garlasco nelle ore dell'omicidio.

Su questo punto l'interessato avrebbe fornito un alibi che i legali di Stasi non ritengono convincente.

Quali scenari si aprono

In base a quali saranno gli esiti dell'indagine della Procura di Pavia, la Corte d'Appello di Brescia dovrà stabilire se è il caso o meno di ripetere il processo. In caso affermativo l'esecuzione della condanna a 16 anni ricevuta da Alberto potrebbe essere sospesa, e il giovane potrebbe tornare ad essere libero, in attesa del nuovo processo.