I crostacei sono in grado di provare dolore e conservarne memoria; in pescheria come al supermercato o al ristorante, vanno trattati con i guanti, altrimenti accumulano malessere e stress. E pazienza se poi il risultato non cambia perché da quelle postazioni, presto o tardi, nel pentolone bollente ci finiscono lo stesso, per poi venire anche elegantemente mangiati da chi può.

Di fatto d'ora in avanti niente più crostacei vvi messi a giacere sul ghiaccio e con le chele legate: lo ha stabilito la Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un ristoratore di Campi Bisenzio.

L'uomo era stato condannato in primo grado dal tribunale di Firenze per maltrattamento di animali: conservava sul ghiaccio nei frigoriferi del suo locale crostacei vivi e con le chele legate.

Astici e aragoste, polizia a difesa delle chele

Tutto è cominciato a seguito di una denuncia presentata dagli animalisti della Lav che ora cantano vittoria. "La decisione della Cassazione è un grande passo in avanti verso la considerazione e l'uguaglianza giuridica degli animali', ha dichiarato Gianluca Felicetti, vegano nonché presidente della Lav, la lega antivivisezione italiana. La sentenza emessa nel 2014 che condannava il ristoratore a 5 mila euro di multa diventa cosi definitiva e per Felicetti è un'indicazione della giurisprudenza che non lascia spazio a fraintendimenti.

Perché quel modo di esporre i crostacei è "incompatibile con la natura degli animali e produttiva di grandi sofferenze”.

Anzi c'è di più, si configura il reato di maltrattamento di animali, in base a dati scientifici inconfutabili: i crostacei sono in grado di provare dolore e conservarne memoria, modificando così il loro comportamento.

Per cui, sostiene la Lav, non possono essere 'detenuti' vivi a temperature prossime allo zero e con le chele legate.

La Lav si è detta certa che d'ora in poi, il pronunciamento della Suprema Corte produrrà due effetti: l'intervento delle forze di polizia in seguito alle denunce di cittadini e associazioni per le diffusissime analoghe situazioni considerate finora normali in pescherie e nei supermercati, e l'attivarsi del Parlamento per emanare una norma in tal senso di chiaro divieto.

Nella certezza di vedere prossimamente le forze dell'ordine fare irruzione in supermercati e ristoranti per liberare le chele, d'ora in poi chi mangerà più astici e aragoste? Ma forse qui il problema non sussiste: i crostacei hanno già vinto in partenza. Grazie al loro costo proibitivo, l'italiano medio alle prese con ben altri problemi, dolori acuti, memorabili e incessanti da sopravvivenza, non può permettersele. Che sollievo però. Una sofferenza in meno.