Parte delle milizie israeliane è stata travolta da un autocarro guidato da un palestinese, il quale si è diretto verso le vittime improvvisamente e senza indugiare. Dopo averle falciate al primo arrembaggio, il criminale ha continuato ad infierire sui corpi, dilaniandoli fin quando non è stato freddato direttamente nell'abitacolo del camion. A sparare sono stati due militari, i quali hanno esploso dai dieci ai quindici colpi crivellando anche il camion.

La zona, scenario d'orrore, si trova in un quartiere nel sud della capitale della Palestina.

Il movimento islamico della resistenza rivendica e considera addirittura "esemplare" l'attacco. B. Netanyahu, nel frattempo, ha convocato il Consiglio di difesa del governo e ha dichiarato che l'autore della strage è al servizio dell'Isis. Si tratterebbe dunque di un atto terroristico. Il criminale, il ventottenne Fadi al-Qanbar, era munito di patente e guidava un veicolo con targa israeliana proveniente dal quartiere di Gerusalemme est, Jabal Mukaber, nei pressi del luogo dell'attentato.

La dinamica dei fatti

La polizia sostiene che il terrorista, proveniente da Alar Street, avendo visto un gruppo di individui scendere da un bus lungo la strada vicino al punto di controllo di Armon Hanatziv, ha accelerato, travolgendoli.

Questa è la ricostruzione del numero uno della pubblica sicurezza di Gerusalemme, Galit Ziv. Il commissario Roni Alsheich, ha poi spiegato che non è in alcun modo possibile ipotizzare episodi simili, dunque diviene spesso difficile prevederli ed evitarli.

I sopravvissuti raccontano d'esser rimasti intrappolati sotto il camion, in stato di profonda sofferenza psico-fisica.

Quando sono giunti tempestivamente i soccorsi, una decina di persone erano immobili ed alcune di esse versavano in pessime condizioni tra le ruote del camion.

La rivendicazione

Da Gaza, intanto, arrivano le congratulazioni da parte di Hamas per l'attacco a Gerusalemme. Uno dei massimi esponenti del movimento islamico, ai microfoni dei media israeliani, ha espressamente detto che le costanti recrudescenze fenomeniche di questo tipo, in Cisgiordania e in Palestina, dimostrano che l'episodio di Gerusalemme non è un caso a sé, ma una rivolta popolare che si verificherà ancora finché lo stesso popolo non avrà ottenuto l'agognata libertà e la conseguente eliminazione dell'occupazione israeliana.

Sanzione da evitare

Israele trema e non si esclude un'ulteriore condanna, dopo quella già subita tempo addietro. Sul fronte diplomatico lo stato israeliano si sta impegnando a fondo per scongiurare il rischio che il Consiglio delle Nazioni Unite possa promulgare una nuova pena simile a quella già inflitta. Il vertice internazionale per la pace in Medioriente condannerà davvero lo stato di Israele?