La cultura antiproibizionista in materia di droghe leggere, cannabis in particolare, comincia a far breccia anche all’interno dei piani alti della magistratura. Lunedì 6 marzo 2017, durante un incontro organizzato dal Consiglio dell’ordine della magistratura di Torino, il sostituto procuratore del capoluogo sabaudo, Andrea Padalino, ha dichiarato persa la “partita” del contrasto proibizionista alla diffusione della marijuana. A questo punto, ha aggiunto, tanto varrebbe legalizzarla. Una presa di posizione non ideologica, ma basata sui dati che danno in continua espansione il mercato illegale della cannabis.

La svolta pro legalizzazione di Padalino va ad aggiungersi alle dichiarazioni rilasciate due anni fa (era il 25 febbraio del 2015) dal procuratore capo della Direzione Nazionale Antimafia, Franco Roberti, che aveva parlato in più occasioni di “depenalizzazione della materia” (guarda il video qui sotto). Il mondo della magistratura italiana, comunque, resta ancora diviso, con il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, alfiere dell’approccio proibizionista basato sulla cosiddetta war on drugs, comprese quelle leggere.

Le dichiarazioni di Padalino

La notizia è passata quasi in secondo piano, ripresa solo da Ansa e Repubblica, oltre ad alcune testate locali, ma le parole del sostituto procuratore Padalino sono deflagrate come una bomba nei placidi palazzi di giustizia sabaudi.

“Sul contrasto alla diffusione delle cosiddette droghe leggere abbiamo perso la partita”, ha detto senza troppi giri di parole il pm. La colpa, ha aggiunto, è anche di una normativa sbagliata e contraddittoria (legge 309/90, intervallata dalla Fini-Giovanardi poi cassata, ndr) che si è rivelata un “fallimento totale”. A questo punto, ha concluso, “tanto varrebbe rinunciare a considerare illegale la cannabis”.

Lo stesso Padalino è consapevole che il suo è un “discorso che fa rabbrividire”, ma ricorda che l’80% dei sequestri di droga in Europa riguarda i derivati della marijuana, menziona alcol e tabacco come sostanze dannose ma legali e ricorda le parole pronunciate due anni fa dal collega Roberti.

La relazione della Dna

Il riferimento di Padalino è alla relazione presentata in parlamento il 25 febbraio 2015 dalla Direzione Nazionale Antimafia guidata da Franco Roberti.

In quell’occasione, la superprocura aveva parlato di “dovere di evidenziare a chi di dovere che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva”. Parole di pietra a cui si accompagnava la richiesta di una svolta legislativa in senso antiproibizionista. “Davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo - aveva messo nero su bianco la Dna - spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro, sia opportuna una depenalizzazione della materia”.