Per la disperazione era arrivata persino a tentare il suicidio: si era tagliata i polsi per manifestare il suo dissenso, minacciando la madre che l'avrebbe fatto ancora se l'avesse data in moglie - come intendeva fare - a uno sconosciuto di dieci anni più grande di lei.
Una storia da Medioevo che potrebbe richiamare alla mente il Pakistan, lo Yemen, il Ciad o uno dei tanti paesi del mondo dove, purtroppo, è diffuso l'esecrabile fenomeno delle spose bambine. Una studentessa torinese 15enne di origine egiziana si è ribellata alla famiglia che l'aveva promessa in sposa a un uomo, e ha trovato il coraggio di denunciare al servizio 114 Emergenza Infanzia il suo caso.
Matrimonio combinato: il dramma di una ragazzina
La cerimonia ufficiale di fidanzamento era imminente; mancavano solo tre giorni, era già tutto pronto: il banchetto nuziale, il vestito rosso acquistato dal suo futuro marito che lei avrebbe dovuto indossare per mostrarsi a uno sconosciuto di 10 anni più grande, il viaggio in Egitto dove sarebbe dovuta andare a casa della futura suocera. L'artefice del matrimonio combinato, sua madre, le aveva detto - in arabo perché non parla l'italiano - che poteva pure disfarsi dei libri perché tanto, di lì a poco, avrebbe dovuto lasciare la scuola: a una moglie l'istruzione non serve.
Così a 15 anni, al primo anno di liceo, una studentessa di origine egiziana protagonista di questa storia da Medioevo ambientata non in India, in Yemen, in Afghanistan o in Libano - per citare solo alcuni dei paesi dove è una pratica purtroppo abituale - ma a torino, si è trovata catapultata in un incubo.
Incoraggiata da una sua compagna di classe, la 15enne ha preso coraggio e ha telefonato al servizio 114 Emergenza Infanzia raccontando il suo caso. Da qui, il servizio ha inoltrato la chiamata che, dall'ufficio Minori della Divisione Polizia Anticrimine della Questura, è stata veicolata al commissariato Barriera Milano.
Liberata dalla polizia
La polizia ha contattato la ragazzina mentre era a scuola. Alla presenza della preside e del dirigente del commissariato di polizia, Alice Rolando, la studentessa ha potuto raccontare in tranquillità tutta la storia dettagliatamente. Non solo avrebbe dovuto sposarsi entro tre giorni con uno sconosciuto, ma la madre l'avrebbe subito dopo mandata in Egitto, a casa della suocera, così non avrebbe potuto neanche più tentare di ribellarsi.
"Voglio studiare perché voglio cambiare vita, non voglio sposare un uomo che non conosco e non amo", ha detto alla polizia la giovane che, d'intesa con il tribunale dei minori, è stata trasferita in una comunità. Ora ha ripreso ad andare a scuola riacquistando serenità e fiducia, mentre il suo promesso sposo si è reso irreperibile. Intanto la madre, vedova dallo scorso luglio, si difende dicendo che voleva farle continuare gli studi, che la figlia era "felice e consenziente". Tanto felice e consenziente da tentare il suicidio. La donna, oltre a un figlio maschio di 12 anni, ha anche altre due figlie di 3 e 6 anni. Potrebbe capitare anche a loro la stessa sorte.
Spose bambine, il futuro negato
A lanciare l'allarme è l'Unicef: nel mondo ci sono oltre 700 milioni di donne che si sono sposate quand'erano ancora minorenni. E ogni anno, 15 milioni di matrimoni hanno per protagonista una ragazza non ancora maggiorenne.
Secondo i dati di "Save the Children", nel mondo, ogni sette secondi, una giovane che ha meno di 15 anni è costretta a sposarsi per la povertà e le pratiche sociali discriminatorie. Invece 70mila ragazze tra i 15 e i 19 anni muoiono a causa delle complicazioni durante la gravidanza e il parto.
Milioni di giovani donne a cui il futuro continua ad essere negato, solo perché sono bambine o ragazzine. "Guardiamo al G7 del 26 e 27 maggio a Taormina come un'opportunità unica per accelerare i progressi realizzati per assicurare che i più vulnerabili abbiano accesso all'educazione, alla salute, alla nutrizione e alla protezione, partendo proprio dalle bambine e dalle ragazze, che sono le più esposte al circolo vizioso della povertà e della mancanza di opportunità".
Lo ha detto Helle Thorning-Schmidt, direttore generale di "Save the Children International", alla sessione plenaria finale del 'Women's forum on inequality and sustainable growth', organizzato a Roma nell'ambito della presidenza italiana del G7.