Ketty Lisi è la fidanzata di Emanuele Morganti, massacrato da un branco inferocito ad Alatri e morto dopo due giorni di agonia per le gravissime conseguenze dovute al pestaggio. In un'intervista a Il Tempo, ha parlato di quanto accaduto poco prima della violenza che le ha strappato dalle braccia il suo amore, indicando l'esatta dinamica che ha visto Emanuele vittima indifesa. La ragazza ha chiarito che l'inizio dell'aggressione al suo fidanzato non è scaturito da un tentativo di difesa contro attenzioni a lei rivolte. All'origine del brutale omicidio ci sarebbe un equivoco, un vero e proprio "scambio di persona".
La madre di Emanuele Morganti, durante le esequie, ha detto: "Dio lo ha ricevuto dalla cattiveria degli uomini".
Le parole della fidanzata di Emanuele Morganti
Le parole di Ketty Lisi suonano come un dramma nel dramma, dalla rabbia degli amici al pianto disperato di una ragazza giovanissima che forse non aveva neppure intuito la gravità dei colpi che il suo fidanzato Emanuele stava incassando. Una violenza inaudita, feroce e barbara, come l'ha definita ai funerali del ragazzo il vescovo di Alatri, Lorenzo Loppa. Quella morte è anche la fine di un pezzo di civiltà.
Ketty, intervistata da Il Tempo, ha ricostruito gli istanti precedenti, la concitazione di chi non sa cosa sta accadendo esattamente: "Credevano fosse lui a importunare la barista.
Lo hanno trascinato in un angolo, non vedevo niente, solo tanta confusione". Il riferimento della ragazza è al fatto che Emanuele Morganti sarebbe stato scambiato per la persona che aveva infastidito una barista, chiedendo insistentemente un cocktail che non avrebbe potuto pagare, perché in possesso di soli 2 euro.
"C'era un giovane visibilmente ubriaco che discuteva con la barista - prosegue -, poi ha iniziato a colpire Emanuele a colpi di spalla".
Ketty racconta che il suo ragazzo avrebbe chiesto all'avventore di smetterla, e per tutta risposta avrebbe ricevuto un portatovaglioli sulla testa.
Emanuele Morganti, nella ricostruzione della fidanzata, sarebbe stato scortato fuori da 4 persone, alle quali avrebbe provato a spiegare che lui non aveva infastidito nessuno, che si stavano sbagliando.
Il ragazzo, nel racconto di Ketty, aveva la maglietta strappata e del sangue vicino alla bocca. "Perché mi cacciate?" avrebbe chiesto.
Da quel momento sarebbe iniziato il violentissimo pestaggio all'esterno del locale.
Colpi fortissimi, sopratutto alla testa di Emanuele, uno dei quali, mortale, sferrato con un corpo contundente lungo e stretto, come ha rilevato l'autopsia. L'arma potrebbe essere un tubo di ferro (che alcuni presenti avrebbero indicato tra le mani di Paolo Palmisani, uno dei due fermati e rinchiuso a Regina Coeli) o un manganello (che altre testimonianze indicherebbero come usato da uno dei 4 buttafuori del Miro Music Club per colpire Morganti).
Il padre di Mario Castagnacci vuole parlare in Procura
Intanto Franco Castagnacci, padre di Mario, uno dei due detenuti a Regina Coeli per l'omicidio di Emanuele Morganti, ribadisce, per sé e per suo figlio, l'estraneità al brutale pestaggio. Anche lui è indagato con l'accusa di rissa. L'uomo vuole essere sentito in Procura a Frosinone, come conferma il suo legale, Marilena Colagiacomo. Il padre di Castagnacci ha dichiarato alla stampa locale non solo la sua estraneità ai fatti contestati ma anche il suo tentativo di sedare la rissa e proteggere il povero Emanuele.
Un racconto che Franco Castagnacci vuole ribadire agli inquirenti, nel tentativo di scagionare da ogni accusa anche suo figlio, in carcere per omicidio volontario aggravato dai futili motivi: "Mio figlio non ha infierito in niente, non ha dato nessuno colpo finale".