La scorsa notte nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Legnago, in provincia di Verona, un uomo ha ucciso un degente. L'uomo, un polacco di 35 anni, era ricoverato nello stesso reparto in seguito ad un tentativo di suicidio. Poche ore prima infatti l'omicida aveva tentato di tagliarsi i polsi ed era stato soccorso dal 118 che lo aveva trasportato in ospedale. Nel reparto, per evitare ulteriori atti di autolesionismo, visto il suo stato di eccessiva agitazione, era stato ritenuto opportuno sedarlo. Era stato quindi trasferito nel reparto di rianimazione, come prevede la prassi ospedaliera, in attesa che si svegliasse, ma quando si è alzato dal letto, poco prima di mezzanotte, ha subito infierito contro un paziente che condivideva la sua stanza.

Il polacco ha divelto i cavi delle macchine a cui era collegato un veronese di 52 anni. La vittima era un malato terminale ed è morta immediatamente dopo aver perso il collegamento con le macchine. Subito sono accorsi gli infermieri che hanno cercato di fermarlo ma l'uomo ha cercato di colpirli con un paio di forbici, ferendoli superficialmente mentre tentavano di disarmarlo. Con l'intervento dei Carabinieri il polacco è stato immobilizzato ed arrestato. L'uomo era arrivato in Italia da 2 giorni ed aveva preso alloggio a Nogara, in provincia di Verona.

Le aggressioni in ospedale

Le aggressioni negli ambienti sanitari sono un problema emergente: il rischio di subire aggressioni per infermieri e operatori sanitari è più elevato rispetto ad altre categorie.

La violenza in questi casi parte dai pazienti stessi e si manifesta con aggressioni fisiche e verbali. Solitamente la tipologia di pazienti che diventano violenti è quella di tipo psichiatrico e geriatrico, ma si sono verificati comportamenti aggressivi anche da parte di pazienti appena ricoverati, le cui condizioni psicologiche erano sconosciute, come nel caso dell'omicida polacco.

Risalgono a pochi mesi fa le aggressioni ai danni di medici e personale sanitario di 2 ospedali della Sicilia e dell’Emilia Romagna. Anche in quei casi il personale sanitario è stato aggredito da pazienti in attesa di visita o da familiari addolorati e in stato di choc per la perdita di una persona cara. Una terapia richiesta e non ricevuta è stata la causa dell'aggressione di una dottoressa dell’Ospedale Maggiore di Bologna, presa a calci e pugni da una 50enne malata di cancro.