In Svezia recentemente il governo ha proibito l'utilizzo del passamontagna all'interno degli stadi, mettendo fuori legge qualsiasi indumento che copra il volto rendendo le persone irriconoscibili, ma tale divieto non si applica quando si tratta di indumenti religiosi. Una legge che evidentemente non è piaciuta ai tifosi dell'Aik, squadra della città di Solna, una città di quasi 70mila abitanti alle porte di Stoccolma, molti dei quali si sono presentati allo stadio il niqab, il velo integrale islamico dotato di una modesta fessura in corrispondenza degli occhi.

La protesta dei tifosi dell'Aik Solna

Una legge svedese varata un mese fa per ovvie esigenze di pubblica sicurezza, ha messo al bando maschere e passamontagna dalle curve degli stadi, ma il legislatore aveva tenuto conto degli usi religiosi, escamotage che i tifosi dell'Aik non si sono lasciati sfuggire. "Se non sono gradite persone con il volto coperto, perché la regola non deve valere per tutti?". Da qui le proteste della tifoseria, che ha esibito uno striscione goliardico rivolto al ministro dell’Interno Anders Ygeman, uno dei principali sostenitori del divieto: "I tifosi ora si mascherano per motivi di religione, grazie ministro per la scappatoia". L'esponente del governo svedese dal canto suo non è sembrato turbato dall'iniziativa, e ai giornalisti che lo hanno intervistato ha risposto con una battuta: "lo striscione degli ultras è divertente, hanno senso dell'humor", ha commentato.

Il problema del tifo violento

Anche il paese scandinavo deve fare i conti con la violenza degli ultras e con disordini a margine delle partite, anche se la situazione negli ultimi anni sembra essere migliorata, dopo che tre anni fa un ultras 40enne perse la vita per le ferite alla testa rimediate durante gli scontri a margine della partita del campionato svedese tra Helsingborg e Djurgaardens.

Nel 2013 fece il giro del mondo una maxi rissa tra le tifoserie svedesi del Gais Göteborg ed i rivali dell'Helsinborg, i quali si diedero appuntamento in periferia per picchiarsi senza essere "disturbati" dalle forze dell'ordine, ma premurandosi di registrare e mettere in rete la rissa, che divenne virale.