Lo stato di calma apparente non deve trarre in inganno, ciò che succede in Estremo Oriente a seguito della crisi coreana è sempre piuttosto delicato. Ma stavolta il dittatore nordcoreano Kim Jong-un non c'entra nulla, perché quanto accaduto nel Mare Cinese meridionale è stata considerata dalla Cina una "provocazione pura" da parte di Washington, tale da far addirittura salire la tensione tra le due superpotenze.

Le acque contese

A causare il problema è stato il passaggio di un cacciatorpediniere statunitense, il USS Dewey, entro le 12 miglia di distanza da una delle isole artificiali realizzate dal governo cinese nelle acque Spratly.

Un'azione considerata 'minacciosa' da Pechino che ha subito inviato i propri mezzi navali, due fregate, allo scopo di far allontanare il natante straniero. La Cina rivendica la propria sovranità su buona parte del Mare Cinese meridionale, nel quale ha costruito postazioni artificiali su scogli ed isolotti esistenti in grado, teoricamente, di ospitare basi e presidi militari. Nell'area rientrano anche specchi d'acqua che sono limitrofi alle coste di altri Paesi quali Vietnam, Filippine, Malesia e Taiwan. In base alla suddivisione territoriale, Pechino gestisce soltanto otto dei numerosissimi atolli dell'area che presenta, però, molte aree disabitate. Tra queste, una parte risulta controllata dalle Filippine, ma è attualmente contesa, altre ancora sono praticamente 'terra di nessuno'.

Le acque contese sono state anche teatro di schermaglie militari, come quella del marzo 1988 tra le forze navali cinesi e vietnamite, nota in Cina come 'battaglia di Chigua'. Nella circostanza, la marina cinese aveva intercettato unità navali del Vietnam nell'atto di sbarcare truppe su alcuni atolli 'non assegnati'. Le fregate cinesi aprirono il fuoco, affondando due unità navali di Hanoi: morirono 70 persone, tutti marinai vietnamiti.

La protesta ufficiale di Pechino

"Il cacciatorpediniere americano ha violato la nostra sovranità indiscussa sulle isole Spratly e le acque vicine - ha detto Ren Guoqiang, portavoce del Ministero della difesa di Pechino - ed una tale azione avrebbe potuto facilmente portare ad un incidente marittimo. Invitiamo pertanto gli Stati Uniti ad agire, al contrario, per lo sviluppo delle relazioni bilaterali".

Da parte di Washington si parla invece del "diritto alla libertà di navigazione nelle acque contese". Gli Stati Uniti si sono sempre opposti all'annessione degli isolotti contesi alla Cina, invocando una soluzione diplomatica. "Soltanto nel 2016 - fanno sapere dal Pentagono - gli Stati Uniti hanno condotto operazioni di questo tipo nei pressi di 22 Stati costieri, tra cui numerosi alleati". Ma da Pechino, ovviamente, non vogliono sentire ragioni. "L'azione americana mina la sovranità della Cina e la sua sicurezza", ha detto Lu Kang, portavoce del Ministero degli esteri. Ad onor del vero non è la prima volta che gli Stati Uniti lanciano un simbolico 'guanto di sfida' alla Cina nelle acque di Spratly.

Nel 2015, l'amministrazione Obama fece effettuare ai propri mezzi navali alcune perlustrazioni al limite delle 12 miglia dagli isolotti artificiali costruiti da Pechino, anche in quella circostanza si sfiorò l'incidente diplomatico.