Visto da un altra angolazione il fenomeno immigrazione offre uno scenario, forse, ben più agghiacciante dei carichi umani in cerca di miglior vita nel nostro paese. Etica e solidarietà alzano le mani davanti al giro di soldi, spesso piuttosto losco, che gravita intorno all'accoglienza dei profughi, oggi più che mai al centro della diatriba mediatica, soprattutto dopo le recenti dichiarazioni dello Stato austriaco di voler chiudere il valico Brennero. Una situazione spinosa soprattutto per il coinvolgimento di enti locali, e che fa riflettere su un business che coinvolge le regioni più bisognose del nostro paese.

Il business:'4 miliardi e 600 milioni' per l'emergenza profughi

Una fiume di denaro piuttosto importante destinato all'accoglienza dei profughi (4,6 miliardi), che a quanto sembra andrebbe a rifocillare l'economia delle zone povere del meridione. Se solo si pensa che la somma utilizzata dall'UE per fronteggiare lo stesso problema, ammonta a non più di 2,4 miliardi dal 2014 al 2020 (cifra che peraltro va suddivisa tra tutti i Paesi) si può facilmente comprendere la mole di interessi che gravitano intorno agli sbarchi nel nostro paese. Occasione ghiotta per "risanare le casse del mezzogiorno", pertanto, che spiega anche perché a differenza di altri Paesi europei, l'italia abbia accettato di accogliere nei suoi porti e nelle città un numero enorme di persone.

Un guadagno che spesso lucra sulla pelle degli immigrati stessi, dunque, e che incrina la teoria spesso ribadita secondo cui il nostro paese è vittima di un fenomeno al quale non può ribellarsi neanche se volesse.

L'accordo del 'governo Renzi-Alfano' e i 'CARA'

Una situazione che presto potrebbe sfuggire di mano all'Italia, come ha dichiarato qualche giorno fa anche Emma Bonino, frutto dell'accordo con l'Europa del governo Renzi-Alfano, che, in merito, ha ridefinito la gestione dei centri e l'utilizzo dei fondi.

Una circolazione di denaro, nel Mezzogiorno, che purtroppo si basa su "meccanismi molto antichi", quali acquisizione di fondi pubblici e spartizione del lavoro secondo una suddivisione equa della torta. Ciò spiegherebbe anche il sorgere dei numerosi Cara (Centri assistenza richiedenti asilo), che oggi più che mai popolano in modo particolare il Sud Italia, che da sola ne conta 11 sui 14 complessivi in tutta Italia.

Tali centri, adatti a permanenze lunghissime, sono regolamentati da normative emergenziali e sono spesso un boccone appetibile per i politici locali, i quali cercano in ogni modo di trarne vantaggi economici. Una situazione legata agli affari di grossa mole, che come accade spesso, coinvolge anche associazioni no profit ed enti tra i più noti, come Misericordie Cattoliche, Legacoop e numerose Ong di varia natura.