Erano le 03.48 della notte tra il 6 ed il 7 settembre quando un operatore del centralino del 113 riceve una richiesta di intervento in un italiano a dir poco confuso da parte delle due studentesse americane: "venite per favore, violentate dalla polizia, polizia macchina la casa". La polizia raggiunge la casa dove alloggiano le due ragazze alle 4.06. Appena entrano nell'appartamento si trovano davanti quattro studentesse, le due che affermano di essere state oggetto di violenza sessuale da parte dei Carabinieri in compagnia di due amiche. Una delle due presunte vittime piange, l'altra è sotto choc.

In quel momento arriva in casa anche un'interprete, inviata dall'Università americana frequentata dalle due studentesse.

Inizia il racconto

.E' l'interprete che si fa carico di raccontare ai poliziotti quanto gli è stato riferito dalle ragazze. Le due giovani sarebbero state abusate da due poliziotti conosciuti nel locale Flò dove hanno trascorso la serata. Le studentesse parlano di "poliziotti", ma ben presto gli inquirenti chiariscono che si riferiscono a due carabinieri. Nel locale frequentato dalle due americane infatti era stato registrato un intervento dei carabinieri per sedare un inizio di rissa, ma soprattutto una telecamera di sicurezza ha inquadrato una Fiat Bravo della Benemerita entrare in Borgo Santi Apostoli alle 3.14 e uscire sedici minuti dopo.

La deposizione delle ragazze

La prima ragazza ad essere ascoltata dal giudice riferisce di aver assunto due bicchieri di vodka, mentre l'amica avrebbe bevuto di più. Racconta di aver chiesto ad alcune persone aiuto per fare arrivare un taxi per rincasare, e che uno dei molti "poliziotti" presenti si è offerto per chiamarlo. Ma poi questo si offre insieme ad un collega di accompagnarle a casa.

L'auto dei carabinieri lascia il parcheggio della discoteca alle 02:49. La studentessa racconta che una volta arrivate a destinazione i due carabinieri entrano nel loro palazzo. L'amica entra in ascensore in compagnia del carabiniere che guidava ( il carabiniere scelto Pietro Costa) mentre lei sale le scale a piedi. La ragazza riferisce che la sua amica nell'ascensore si stava baciando con l'uomo.

A quel punto l'altro carabiniere l'avrebbe spinta contro la finestra sul pianerottolo, abbassandole i pantaloni. Una volta concluso l'amplesso la ragazza sostiene di aver afferrato l'amica, uscita dall'ascensore, e di essere entrata in casa. L'altra ragazza ha raccontato ciò che è avvenuto all'interno dell'ascensore. Racconta di avere avuto delle perdite di sangue, cosa che le era avvenuta anche in passato in occasione di rapporti. Quando le sono state mostrate le foto, la ragazza non ha riconosciuto il carabiniere che era con lei in ascensore, ma ha riconosciuto l'altro.

La versione dei carabinieri

Due giorni dopo i fatti si presenta davanti ai giudici il carabiniere Marco Camuffo. Racconta di essere intervenuto presso la discoteca Flò e di essersi trattenuto perché il proprietario del locale gli ha offerto un caffè al bancone.

Sostiene che due ragazze gli hanno chiesto aiuto per trovare un taxi, e che dopo alcuni vani tentativi di rintracciarne uno, lui ed il collega si sono offerti di accompagnarle con l'auto di servizio. Il carabiniere sostiene che è stata la ragazza ad abbassarsi i pantaloni, e che una volta ultimato il rapporto questa le avrebbe chiesto il numero di telefono. L'appuntato sostiene che le due studentesse non apparivano ubriache.

Cinque giorni dopo la vicenda si è presentato davanti al pm Ornella Galeotti anche il carabiniere scelto Pietro Costa. Anche lui racconta di non aver capito che le ragazze fossero ubriache. Poi riferisce di aver visto il collega "tentare di abbassare i pantaloni dell'altra studentessa".

Quanto al suo rapporto, sostiene che la ragazza lo avesse invitato ad entrare in casa, ma che l'altra gli avrebbe detto che non potevano. Quindi sarebbe entrato in ascensore con la studentessa, dove si sono baciati e hanno consumato un rapporto, dopo il quale le due ragazze sarebbero entrare in casa normalmente.