Sembra la storia fittizia di un film destinato ad avere una macabra fine quella accaduta a Palermo, dove il capo mandamento di Bagheria, Pino Scaduto, impone al figlio di uccidere la sorella in quanto amante di un carabiniere, sebbene convivesse già con un altro uomo. Lo sfortunato trentenne, dunque, si è visto costretto a sparare un colpo di pistola sia alla sorella sia al giovane amante. Una tragedia, questa, evitata grazie ad un'operazione antimafia.

Pino Scaduto, che venti anni fa si è visto impegnato nella protezione del latitante Bernardo Provenzano e ora incaricato dai diversi clan di ricostruire la cupola mafiosa, ha riacquistato la sua libertà da pochi mesi.

Perché uccidere la figlia?

Essendosi innamorata del maresciallo dei Carabinieri di Bagheria - pur essendo già sentimentalmente impegnata con un altro uomo - avrebbe rischiato di mandare tutto in fumo, di provocare il fallimento di tutti i piani. Una relazione - che doveva restare segreta - è stata scoperta dai boss molto vicini al padre, che nel giro di poco tempo ha maturato la tremenda decisione di vendicarsi della figlia.

Il timore di essere scoperto e di finire nuovamente con le manette ai polsi proprio nel momento in cui si trovava in una fase cruciale del suo operato che riguardava un affare importante per Cosa Nostra, oltre all'incarico - ricevuto da parte dei diversi clan - di ricostituire la cupola mafiosa, ha avuto la meglio.

A sostenere siffatta decisione è il codice mafioso, il quale prevede di punire con la massima pena - quindi con il sangue - l'affronto peggiore.

Ribadiva al figlio che la sorella era diventata una "sbirra" e, pertanto, lo aveva incaricato della duplice uccisione: quella della sorella e quella dell'amante.

La tragedia sfiorata

Sedici persone sono state arrestate, nuovo gruppo del clan dedito a estorcere commercianti e imprenditori.

Pino Scaduto, quindi, torna in carcere dopo sei mesi di libertà. Aveva sperato di mettere in atto la sua vendetta attraverso il figlio che, però, lo ha lasciato solo. Un membro del clan, Gioacchino di Bella, in una conversazione telefonica - ignaro di essere intercettato - racconta della ferma opposizione del ragazzo, di come cercasse di sottrarsi, di non impugnare quell'arma che lo avrebbe privato per sempre della presenza della sorella, definita dal padre la "figlia storta".

Prosegue, inoltre, sostenendo che in quella famiglia si ammazzano l'uno con l'altro e che, malgrado la ragazza fosse innamorata di un carabiniere, era pur sempre sua figlia.

Grazie a questa intercettazione, l'operazione antimafia ha dato un esito positivo evitando che la tragedia si consumasse e arrestando sedici persone con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso.