Il lento e silente conflitto già in corso tra le autorità promotrici del referendum in catalogna e il Governo centrale spagnolo procede a tappe ben scandite. Le manifestazioni di piazza e la risposta decisa della Guardia Civil sono ormai parte della storia del Paese: tuttavia, è peculiare l'atteggiamento da alcuni ritenuto troppo titubante del Primo Ministro del Regno.
La risposta risoluta nei primi minuti, ma gradualmente infiacchita di Rajoy si è concentrata sulla repressione delle proteste: il presunto contrordine è giunto dopo la condanna da parte di UE e Nazioni Unite, malgrado le dichiarazioni degli organismi internazionali in favore dell'unità nazionale spagnola.
In ogni caso, una personalità davvero d'eccezione è intervenuta in favore del premier iberico: il discorso di Re Felipe VI di Borbone è riuscito in via diplomatica ad ottenere il risultato di isolare Puigdemont, ciò che il capo del Partito Popolare non è riuscito ad ottenere con la forza.
Il Re: ci saranno conseguenze pesanti. Gli indipendentisti di Puigdemont contrattaccano
Felipe VI, in diretta all'ora di cena, si è calato appieno nella figura del difensore dell'ordinamento unitario, ed ha interpretato con garbo e discrezione le proprie prerogative: poche parole decise sono servite per bloccare ogni tentativo di dialogo su eventuali concessioni di maggiore autonomia. Nelle parole del regnante, poche persone hanno inteso "appropriarsi delle istituzioni storiche catalane per attaccare le fondamenta e i principi dello stato di diritto".
Molto sentite dagli unitaristi, sembra che le parole del re non abbiano tuttavia sortito l'effetto sperato tra le vie di Barcellona, dove ancora molte persone tra le 300 mila scese in piazza nel pomeriggio contro la Guardia civil stavano ancora manifestando. I catalani scesi in piazza hanno manifestato il proprio nervosismo verso alcuni rappresentanti madrileni e gli agenti di polizia militare.
Tale sarebbe il livello d'insofferenza dei manifestanti, che alcuni albergatori che ospitavano i rinforzi inviati da Rajoy avrebbero deciso di sfrattare all'incirca 500 poliziotti dalle loro camere.
Prime conseguenze: indagato il comandante dei Mossos
La risposta politica tarda quindi a farsi sentire; nel frattempo, però, sul piano giudiziario inizia a palesarsi la prima reazione madrilena.
Per ordine della Procura presso la Corte Suprema indaga ufficialmente per sedizione e ribellione violenta Josep Lluis Trapero, comandante della Polizia catalana meglio nota come Mossos d'Esquadra. Insieme a lui, sotto indagine il presidente dell'Assemblea nazionale e un intendente di polizia. Le accuse, pesanti, riguardano fatti avvenuti durante una serie di perquisizioni risalenti alla notte del 20 Settembre scorso e l'ambiguo operato delle forze di polizia locali in tale occasione.
Le parole della formazione unionista avversa Societat Civil Catalana sono altrettanto decise: il partito ha convocato i militanti e la "maggioranza silenziosa" dei non votanti per voce del presidente Josep Ramon Bosch, il quale ha invitato quante più persone possibile a scendere in piazza per l'unità del paese entro i prossimi giorni.
Se, quindi, come già richiamato sopra, la voce dissenziente di Rajoy si è indebolita quasi subito, l'intervento della legge e della politica ad ausilio del garante dell'unità del Regno è stato provvidenziale per contrastare le invettive secessioniste promosse dalle autorità catalane. Gli scenari futuri, comunque, sono tutti ancora da decifrare ed ogni conseguenza (dall'apertura alla maggiore autonomia all'applicazione del famigerato art. 155 della Costituzione) è ancora possibile.