Era la mattina dell'8 agosto 1956 quando la miniera di carbone Bois du Cazier presso la cittadina belga di marcinelle, divenne teatro di un'immane tragedia: 262 persone, su 275 presenti, morirono a causa di un incendio che saturò di fumo il condotto principale di areazione; 136 delle vittime era di radici italiane, emigrati per necessità, impiegati in fatiche pesantissime e altamente rischiose. Caduti sul lavoro: a perpetuarne il ricordo, la dismissione e conversione del sito in patrimonio Unesco e, ieri, una significativa cerimonia tenutasi a palazzo Barbieri, municipio di Verona, durante la quale una rappresentanza dell'associazione "veronesi nel mondo" proveniente da Charleroi ha consegnato all’assessore Luca Zanotto una simbolica lanterna da minatore, recante il nome del veronese Giuseppe Corso, tra i deceduti.

Omaggio alla storia

Il presidente di "Veronesi nel Mondo" provincia di Verona, Fernando Morando, e il presidente del corrispettivo circolo nella città belga, Gianni De Nardi, hanno così voluto commemorare non solo il dramma, ma anche, più ampiamente, quel periodo storico che contò tanti sacrifici da parte di povera gente, costretta dalle ristrettezze a lasciare l'Italia e cercar occupazione all'estero, in condizioni estenuanti, ma sostenute con la forza della necessità.

Il Bois du Cazier è impressionante

La lanterna donata, alta circa un metro e mezzo, rientra nel lotto realizzato dalla fondazione “Le Bois du Cazier”, con altre associazioni di Charleroi, in occasione del 60° anniversario del fatto, agosto 2016, e collocate sul luogo.

La distanza frapposta dal tempo ha permesso analisi lucide, con esiti che hanno rilevato omissioni nell'inchiesta successiva alla tragedia ("Rapport de la commission d'enquête chargée de rechercher les causes de la catastrophe survenue au charbonnage du Bois-de-Cazier, le 8 août 1956", pubblicato dal ministero degli Affari economici belga nel giugno '57) e trascuratezze nella manutenzione e nei dispositivi di sicurezza e salvataggio; gli operai intrappolati nel sotterraneo cercarono rifugio scendendo ai piani inferiori, i cavalli si rifugiarono in quello che era un tunnel cieco: non ci fu via di scampo.

Visitare oggi il Bois du Cazier è impressionante: aldilà dell'interesse come sito di archeologia industriale, rimane intriso di morte. Un monito? Una lezione di storia, certamente, ma anche l'esortazione a ricordare il valore della vita, del lavoro, della sicurezza, che nemmeno oggi, a più di sessant'anni, è un tema risolto.