Un attacco nucleare preventivo della Corea del Nord? Ipotesi alquanto catastrofica e, a meno di miracoli tecnologici dell'ultim'ora, assolutamente inverosimile. Pyongyang non possiede un arsenale atomico di tale portata, non perché non abbia le testate, ma allo stato attuale non è in possesso di missili balistici intercontinentali a lungo raggio capaci di colpire il territorio americano. Sebbene alcuni test effettuati nei mesi scorsi indichino chiaramente i progressi del piccolo Stato comunista che ha sperimentato missili capaci, se lanciati in maniera canonica, di arrivare più o meno all'Alaska, permangono tutti i dubbi sulla capacità di armare questi vettori con le apposite testate cariche.

La 'super arma' annunciata all'inizio del 2017 è comunque un chiaro obiettivo di Kim Jong-un, quello che teoricamente potrebbe spingerlo anche ad aprire un tavolo per negoziare con gli Stati Uniti, forte di un'arma in grado di minacciare lo storico nemico. Tornando però al tema principale, quello di un possibile attacco preventivo, ebbene... se fosse possibile ci sarebbero già 16 obiettivi nel mirino nucleare di Pyongyang.

Gli obiettivi sensibili

A stimare l'ennesima ipotesi catastrofista è uno studio del think-tank 'European Council of Foreign Relations' che si basa essenzialmente su fonti nordcoreane e, pertanto, chiaramente di parte. In questa lista di obiettivi sensibili figurano ovviamente le maggiori città degli Stati Uniti e, dunque, New York, Los Angeles, San Francisco e Washington.

Relativamente alla capitale ci sarebbero più obiettivi da colpire, in primo luogo la Casa Bianca ed il Pentagono: le sedi del potere politico e militare statunitense. Qui comunque le tesi dell'Ecfr sono abbastanza 'fantabelliche', certamente più alla portata dei missili nucleari della Corea del Nord, per questioni geografiche, sarebbero le maggiori città di Corea del Sud e Giappone, nonché la base americana di Guam e tutti gli alti presidi militari a stelle e strisce del Pacifico.

Senza contare le portaerei a capacità nucleare. Dopo aver lanciato la 'bomba', lo studio corregge il tiro e visto che le fonti di riferimento sono quelle di Kim, non dimentichiamo che il pittoresco dittatore ha sempre dichiarato che l'approccio del suo Paese al nucleare rientra in una strategia difensiva e non offensiva. Motivo per cui un attacco preventivo sarebbe da escludere, a meno che non venga considerato una strategia di difesa 'in anticipo'. Non ci sarebbe da meravigliarsi più di tanto, visto che questa politica bellica viene ormai adottata da diversi decenni dagli Stati Uniti.