Laura, una commessa di un supermercato Eurospin di Susa, ha rifiutato la richiesta della direzione di lavorare domenica 31 dicembre, in quanto il suo contratto di lavoro prevede che i festivi i dipendenti lavorino solo su base volontaria. Ma l'azienda non l'ha presa bene, e dopo il suo rifiuto hanno deciso di trasferirla per una settimana a lavorare in un altro supermercato Eurospin, distante 100 chilometri. Il suo caso ha suscitato grande clamore mediatico ed un putiferio di commenti sui social, dividendo l'opinione pubblica tra chi ha offerto sostegno alla lavoratrice - la maggioranza delle persone - e una minoranza che invece ritiene che la donna, visti i tempi di crisi, avrebbe dovuto accettare la richiesta dell'azienda.

Parla la dipendente

La donna quando gli è stato comunicato il suo trasferimento ha avuto un acceso diverbio con i suoi superiori, tanto che nei giorni successivi ha avuto un malore ed è stata ricoverata in ospedale. Ancora oggi non si sente ancora bene, ed è a riposo per motivi di salute. Intervistata da Repubblica.it riferisce di avere delle crisi d'ansia, di sentirsi al centro della bufera che il suo caso ha scatenato. "Tutti i media parlano del mio caso, mi sono recata dal dottore e mi ha prescritto due ulteriori giorni di totale riposo. Mi suona il telefono di continuo, ieri, fuori dal supermercato, erano presenti i giornalisti per intervistarmi, ma fortunatamente ero uscita prima dal lavoro.

Mi sento osservata" racconta.

Il clima sul luogo di lavoro

Dopo l'esplosione del caso mediatico, Laura lunedì e martedì si era recata a lavoro. Racconta che nessuno affrontava la questione, comportandosi come se nulla fosse accaduto. "Però alcuni colleghi mantenevano le distanze, forse per paura" si sfoga. "le colleghe iscritte al sindacato invece mi sono state vicine.

Molti avventori del supermercato che da anni mi conoscono sono venuti a parlarmi, mi hanno detto che ho fatto bene a ribellarmi". Tuttavia non tutti hanno espresso solidarietà nei suoi confronti. "Ho letto diversi post sui social, e ho capito che molta gente non ha compreso il problema. Ci sono commenti densi di acredine, che mi provocano sofferenza.

Temo ritorsioni. Esporsi è un rischio, e la celebrità non mi interessa, per questo ho chiesto a tutti i media di non divulgare il mio nome". La donna spiega che la sua ribellione è dovuta alla volontà di far rispettare il contratto di lavoro, e non alla mancanza di voglia di lavorare.

L'appoggio dei familiari

Laura racconta che in famiglia tutti sostengono la sua decisione. "Loro sanno bene quali sacrifici sono costretta ad affrontare per lavorare e quanto mi impegni sul lavoro. "Per arrivare puntale sul posto di lavoro ogni mattina accompagno i miei figli a casa di una zia, alle sei del mattino" racconta. L'azienda invece dopo il clamore avuto dalla vicenda non ha commentato, ne ha avanzato ulteriori richieste nei confronti della lavoratrice.

"Il mio contratto di lavoro prevede le trasferte solo per validi motivi, come calamità o urgenze. Ma questo silenzio mi preoccupa. In precedenza sono andata più volte a lavorare presso altre sedi senza creare problemi, ma questa volta mi sembra che si tratti di una ritorsione per punirmi del mio rifiuto di lavorare per l'ultimo dell'anno. Un superiore improvvisamente mi ha comunicato che sarei dovuta andare a prestare servizio a Cuorgné per una settimana, a poco meno di 100km di distanza da Susa. Inoltre anche gli orari di lavoro che mi avevano assegnato erano strani, dalle 16.30 alle 20.30, così da tornare a casa ancora più tardi" conclude.