Uccidere, per alcuni, è un'arte. La letteratura e la cronaca sono piene di esempi di omicidi svoltisi con modalità raccapriccianti ma fantasiose, non ultimo il veleno. Mattia Del Zotto, 27enne lombardo, è protagonista dell'ennesimo caso. Il ragazzo, procurandosi sotto falso nome del tallio, metallo pesante e tossico presente principalmente in acqua stagnante ed escrementi di piccione, ha somministrato la sostanza velenosa ad almeno 8 tra parenti e familiari, uccidendone 3.

Dopo ore di interrogatorio l'uomo, con sorprendente lucidità, ha ammesso la propria colpevolezza dichiarando: "L'ho fatto per punire soggetti impuri e non voglio collaborare".

Dopo accurate ricerche è emerso, infatti, il suo morboso e probabile interesse verso una non precisata "setta" di stampo ebraico. I carabinieri che lo hanno arrestato hanno, tuttavia, espresso fin da subito delle perplessità sullo stato psicologico del giovane.

Cosa può spingere un individuo a compiere stragi in nome di una persona, un gruppo o persino un'ideologia se, fino a non molto tempo prima, questi non mostrava comportamenti diversi da quelli usuali? La psicologia può fornire alcune delle risposte necessarie per comprendere questo macabro fenomeno.

Gli input manifesti e non: come funziona la "soglia di attivazione"

Gli input che ogni giorno riceviamo da tutto ciò che ci circonda sono innumerevoli.

Esattamente come un telecomando è in grado di accendere una televisione, allo stesso modo ciò che percepiamo può comportare in noi una modifica, più o meno consapevole, del nostro stato. Esiste in noi una vera e propria "soglia di attivazione" in grado di definire, indipendentemente dalla nostra percezione, cosa può influenzarci e cosa no; essa può essere anche modulata dalle nostre volontà e dalle nostre aspettative: se durante un'esibizione di wrestling, ad esempio, un nostro fidato amico ci dicesse che "è tutto studiato e preparato a tavolino", saremmo meno portati a lasciarci trascinare dagli eventi e non ne rimarremmo così colpiti.

Allo stesso modo potremmo giudicare il comportamento del killer.

In un possibile momento di particolare vulnerabilità questi potrebbe, molto verosimilmente, essere entrato in contatto con le ideologie della fantomatica setta, ideologie che lo avrebbero portato, complice una soglia molto più bassa del normale (proprio in virtù dello smarrimento che il ragazzo stava affrontando), ad affezionarsi ad un'ideologia e a parteggiare per la stessa.

Ulteriori ricerche in merito da parte del giovane avrebbero semplicemente aumentato l'effetto "lavaggio del cervello".

Come aiutare concretamente chi si smarrisce: il contatto umano

Come aiutare chi, come in questo caso, si trova ad attraversare un periodo travagliato? A detta di genitori e parenti, consci dell'allontanamento del giovane killer, il ragazzo si sarebbe isolato ed avrebbe iniziato a comportarsi in modo strano ed ostile. Come sottolineato, quindi, chi vive un periodo di dissidio interiore raramente non lascia trasparire le sue emozioni e, senza dubbio, segnali come lo stesso allontanamento, ostilità, perpetua confusione e chiusura in se stessi devono essere ascoltati ed interpretati.

I tentativi (che possono essere spesso forzati in casi come questo) di ricostruire un qualche tipo di comunicazione possono aiutare a fornire un sostegno morale concreto al malcapitato. L'aiuto di uno psicoterapeuta può, per giunta, giungere come ulteriore supporto, specialmente in casi in cui lo stesso professionista ritenga di dover intervenire dal punto di vista medico, grazie all'ausilio di farmaci specifici.