Da diverso tempo la mafia nigeriana ha infiltrato l'Italia ed è diventata una delle organizzazioni criminali relativamente più influenti e pericolose sia al Sud che nell'Italia del Nord. Su di essa sono state fatte diverse indagini e nel 2017, in Piemonte, sono arrivate le condanne per alcuni membri dell'organizzazione criminale di origine africana. Andando più nello specifico, tra i maggiormente colpiti da tali indagini c'è stato uno dei boss locali dell'organizzazione criminale 'Maphite', il novarese Nosayaba Kingsley Iyare, soprannominato 'Aye'.

Il boss africano e le accuse di maltrattamenti verso la compagna

Stando a quanto riportato in un recente articolo pubblicato sul sito web della nota testata giornalistica La Stampa, oltre a quelle di natura mafiosa, ora Nosayaba deve affrontare nuove accuse. Più specificatamente, si tratta di accuse di violenza e maltrattamenti verso la compagna, che lo stesso 'Aye' avrebbe più volte picchiato e ridotto in stato di pura servitù. Inoltre, sempre secondo tali accuse, lo stesso boss della mafia nigeriana avrebbe fatto lavorare la compagna nonostante fosse incinta e in tal modo si sarebbe comportato da vero e proprio 'schiavista'.

Tra prostituzione e accattonaggio, il business illegale della mafia nigeriana

Secondo quanto riportato da svariate indagini e sostenuto da diversi analisti e opinionisti, la mafia nigeriana ha conquistato una posizione alquanto importante nelle gerarchie delle organizzazioni criminali d'importazione. Difatti, la stessa organizzazione criminale di origine africana sarebbe coinvolta in diversi traffici illegali, che vanno dalla prostituzione minorile al racket dell'accattonaggio, senza dimenticare la tratta degli immigrati clandestini provenienti dall'Africa subshariana e destinati ai paesi europei, Italia in primis.

Su ciò, c'è da dire che sino ad ora il problema di tale mafia africana è stato spesso sottovalutato e solo recentemente i media e la stampa hanno cominciato ad occuparsene in modo approfondito. Inoltre, bisogna sottolineare che la spinta per tale 'cambio di paradigma' è stata data dalla diffusione virale della tesi del presunto coinvolgimento della stessa mafia nigeriana nel brutale omicidio della 18enne Pamela Mastropietro, tesi che comunque recentemente è stata ritenuta "priva di fondamento" da parte del procuratore Giovanni Giorgi.